Ci segnalano i nostri contatti un articolo dal titolo ” Lecce militare stroncato a 21 anni dalla leucemia. La Cassazione: “Nesso tra malattia e gli 11 vaccini somministrati in 8 mesi” “.
Come al solito, siamo di fronte al problema principale della comunicazione: una testata giornalistica è responsabile di quello che vuole comunicare, non di quello che l’utenza vuole sentirsi dire.
E se un’utenza perlopiù novaxx vuole sentirsi dire “I vaccini fanno male” non è quello che troverà nell’articolo.
Una sentenza è l’incarnazione particolare e personale di un concetto universale come la norma.
Una sentenza, specialmente in un ordinamento come il nostro che non è basato sul Precedente Vincolante parla solo del singolo caso, un singolo caso per volta.
E nel singolo caso sarebbe bastato non dico leggere l’articolo, ma almeno il cappello introduttivo per notare che
“Non va demonizzato il vaccino di per sé – chiarisce l’avvocato – ma le tempistiche delle somministrazioni troppo ravvicinate”
Nessuno infatti ha mai affermato, neppure noi, che in generale, non esista il concetto di effetto collaterale.
Si possono avere effetti collaterali anche bevendo un bicchiere d’acqua. Si può morire scivolando nella doccia.
Non per questo smettiamo di nutrirci, dissetarci o effettuare altre attività essenziali per la vita.
Abbiamo già avuto modo dire che il nostro ordinamento prevede risarcimenti per i danni causati da errori nella somministrazione di presidi medici come vaccini e trasfusioni.
Lo stesso concetto di sicurezza del vaccino in generale è una semplice funzione matematica: gli effetti collaterali dei vaccini sono, sia per numero che per entità, di gran lunga inferiori agli effetti delle malattie.
Ad esempio, una vaccinazione diffusa come quella per il morbillo ha 0.00005% potrebbe avere delle reazioni avverse, che potrebbero sfociare nella morte.
Mentre degli ammalati di morbillo lo 0,05% muore. Muore, non tocchiamo neppure le percentuali di encefalopatie e invalidità permanenti che aumenterebbero la percentuale.
E l’ultima volta che ho controllato, lo 0,05% era maggiore dello 0,00005%.
Il problema sollevato dai legali della vittima non è, evidentemente, il vaccino ma la dose. E come disse Paracelso
Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.
Un vaccino, un sorso d’acqua, la bibita frizzante che avete bevuto all’ultima festa di compleanno dove siete stati, il tortino di mele della nonna. In tutto questo è la Dose che fa il Veleno.
Va inserita nella decisione il meccanismo base delle Corti e della scienza.
Il metodo scientifico tende verso la massima esattezza e precisione. Il metodo scientifico è asintote di assoluto, se non assoluto: accetta dati ripetibili e ripetuti, teorie provate dalla pubblicazione scientifica e sempre replicabili.
Il diritto Penale accetta come valido ciò che è oltre ogni ragionevole dubbio, per garanzia verso l’imputato.
Il diritto Civile per garanzia verso chi chiede giustizia e risarcimento, accetta il criterio di elevata probabilità, il “più probabile che non”, l’alta probabilità statistica, e in questo caso rettamente
“l’alta probabilità statistica che il considerevole numero di vaccinazioni somministrate in brevissima sequenza temporale abbia causato o comunque favorito la malattia acuta letale. Il nesso di causalità è un punto fermo sotto il profilo medico, legale e scientifico”
Civilisticamente parlando, dato che si parla di un risarcimento, il più probabile che non è più che sufficiente, come è logico che sia, per maturare quel diritto al risarcimento.
Quindi, appurato che “è più probabile che non” la responsabilità di chi ha somministrato undici vaccini in otto mesi (nota: undici vaccini in otto mesi, non un preparato tetra, esa o trivalente: abbiamo già visto che è un concetto diverso), scatta l’obbligo al risarcimento.
Resta, purtroppo per i sopravvissuti, il problema del risarcimento agli eredi: che andrà risolto rinviando ancora una volta la causa in Appello.
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