Quando qualcosa finisce sul web risulta molto difficile farla sparire. Il web non dimentica. Così crudele è stato con Tiziana Cantone, che per gli effetti di questa regola non scritta si tolse la vita il 13 settembre 2016. La sua mamma M.T.G. dice proprio oggi a Repubblica che uno spiraglio di luce si sta aprendo per il caso dall’America:
«A tre anni dalla sua morte è assurdo che in Italia nessuno faccia niente. Lo Stato non fa molto. Hanno approvato la legge sul revenge porn che però è incompleta perché servono delle regole nuove, a cominciare da Facebook. Non possono più girarsi dall’altra parte dicendo che non hanno un obbligo di controllo preventivo […]. Qui in Italia i politici non fanno niente per cambiare la situazione e i giudici archiviano sempre. Solo grazie ad un team statunitense di investigatori informatici sto riacquistando un po’ di speranza».
M.T.G. afferma di essere stata contattata da un avvocato dello Studio Bernardini De Pace di Roma. L.F. di suddetto studio l’avrebbe messa al corrente dell’esistenza del Team Emme, squadra di investigatori informatici statunitensi che lavorano nell’ambito del copyright. Per caso, questi ‘hacker etici’ avrebbero scoperto siti pedopornografici in cui i video di Tiziana Cantone erano ancora presenti e visibili.
«Si chiama ‘Metodo M’ e questo team si occuperà di individuare sia i server che pubblicano questi video illegali, tra cui ce ne sono anche alcuni cinesi, sia di denunciare l’azienda che li nasconde e che ne garantisce l’anonimato. Ci vogliono leggi che valgono in tutti i Paesi e devono responsabilizzare questi colossi che non possono passarla liscia. Mia figlia è ancora in rete perché fa ancora guadagnare tanto».
Tuttavia non passano sotto oblio neanche i giudizi di chi proprio non vuole sapere come si sono svolti i fatti di tre anni fa. Per non recuperare ogni secondo della cronaca di quei giorni, ecco l’insieme di tutti gli articoli che ricostruiscono il caso di Tiziana Cantone nella trasformazione da ‘caso folkloristico’ a cronaca nera. Sebbene qualcosa venne fatto per venire incontro a una situazione divenuta insostenibile per Tiziana, per appellarsi al diritto all’oblio sarebbe dovuto trascorrere più tempo. In tanti sui social network, in seguito alle recenti dichiarazioni della madre, stanno elargendo giudizi morali inopportuni.
Un augurio che investe tutti quegli utenti che si appellano alla pericolosità di inviare proprie immagini sensibili. Forse un giorno comprenderanno che la mancata richiesta di non diffusione non solo non pulisce la coscienza di chi viene meno alla parola data, ma è sufficiente a far insorgere un reato di violazione della privacy. Ciò che scandalizza e spaventa sono i commenti vergognosi che si sono affastellati sotto l’articolo di Repubblica. Tra benaltristi, buonisti e machisti, ci chiediamo se Tiziana Cantone riuscirà ad avere un po’ di pace.
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