False credenze

La falsa credenza delle prime automobili elettriche: il Bersey Electric Cab

Ci segnalano i nostri contatti la falsa credenza delle prime automobili elettriche, teoria secondo cui le prime automobili prodotte erano elettriche, ma poi Ford fece prevalere il modello termico in quanto, citando uno degli articoli che ne parla vi era “un mix di limiti tecnologici delle batterie, l’ascesa del petrolio a basso costo e la rivoluzione della produzione di massa avviata da Henry Ford con la Ford Model T”

In realtà non è esatto: il fattore decidente fu il limite tecnologico dell’epoca che semplicemente non consentiva la produzione e l’uso di auto elettriche.

E il caso citato, il Bersey Electric Cab, fu un caso da manuale di tutto quello che poteva andare storto.

La falsa credenza delle prime automobili elettriche: il Bersey Electric Cab

Era pur vero che una vettura elettrica non richiedeva avviamento e non richiedeva cambio, e nel 1897 auto elettriche e termiche partivano da una condizione di parità non essendovi una rete di distribuzione carburanti.

Quindi era tanto difficile fare il pieno quanto difficile ricaricare una vettura elettrica.

La falsa credenza delle prime automobili elettriche: il Bersey Electric Cab – By Vauxford – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=87341215

Il Bersey Electric Cab, introdotto in una flotta di “colibrì” gialli e ronzanti di 12 esemplari portati fino a 75 funzionanti (per un totale di 77 prodotti) mostrò in pieno i limiti della tecnologia nascente e le ragioni del sorpasso del termico sull’elettrico.

Si badi, lo stesso Bersey ebbe modo di dichiarare come

“Mentre la benzina potrà diventare prevalente nelle aree rurali e il vapore per i veicoli pesanti, non ho dubbi che l’elettricità sarà la più vantaggiosa dove il traffico può essere condensato in piccole tratte”

Previsione a pensarci moderna: pensate ai mezzi sub-Kei Car, ovvero le minicar tipo Topolino o Ami destinate alle tratte urbane e, escludendo il vapore per i piccoli motivi, la preferenza attuale del vasto pubblico per le ibride elettico-benzina per le tratte ordinarie, il diesel per i trasporti e l’elettrico per la piccola percorrenza.

Semplicemente, ai tempi di Bersey non c’erano strumenti per costruire una vera compatta elettrica, o anche solo un’auto elettrica.

A parte il comportamento dei tassisti, che provocò nello stesso anno di inizio del servizio l’irrogazione della prima multa per guida in stato di ebbrezza nel Regno Unito, irrogata a settembre al tassinaro George Smith colpevole di essersi schiantato su un marciapiede dopo tre birre di troppo, il limite era tecnologico.

Le batterie necessarie avevano un peso di 711kg installate su un corpo da 2 tonnellate. Sebbene fossero rigorosamente testate in fabbrica per resistere a urti e scossoni, nell’uso quotidiano il peso del mezzo distruggeva i pneumatici e le sospensioni, rendendo il “colibrì” progressivamente più rumoroso e le batterie inclini a muoversi nel vano sbattendo sul fondo della cabina passeggeri.

Modelli successivi inserirono sospensioni indipendenti per pacco batterie e cabina: comunque se sui mezzi nuovi non vi erano problemi di rilievo, l’invecchiamento delle sospensioni provocava danni alle batterie e la necessità di rimpiazzare sovente pneumatici e batterie.

Con 14 Km/h di velocità massima, furono percepiti come una alternativa al cocchio trainato da cavalli, ma ai problemi citati si aggiunse la prima vittima: l’orfanello di strada Stephen Hackney, che nel tentativo di saltare sul retro di un tassì per scroccare un passaggio finì agganciato col cappotto nella catena di trasmissione, trascinato in basso e maciullato dal veicolo.

La colpa dell’insuccesso fu data da alcuni interpreti alla concorrenza dei cocchi a cavallo, ma in realtà col crescere dell’affidabilità dei mezzi termici, e finché la tecnologia delle batterie non si mostrò all’altezza, l’esperimento si chiuse con perdite pari a 6200 sterline (al cambio e all’inflazione, quasi un milioncino di euro) e i mezzi rivenduti alla chetichella per cercare di rientrare nelle spese.

Il resto della storia lo conosciamo.

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