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La divinità Mesopotamica in Ecuador e il mistero della Collezione Crespi

Ci segnalano i nostri contatti una effigie di una divinità Mesopotamica in Ecuador, usata per provare una connessione antica tra le due civiltà. Cosa che in realtà non è affatto provata.

La divinità Mesopotamica in Ecuador e il mistero della Collezione Crespi

Quello che viene provato è uno dei misteri moderni: la “Collezione Crespi”, dal nome del monaco Salesiano Carlos Crespi.

La divinità Mesopotamica in Ecuador e il mistero della Collezione Crespi

Secondo quanto riportato dalla dottoressa Joanna Gillian e dal dottor Ioannis Syrigos, dopo una ricerca congiunta con Hugh Newman (fondatore Megalithomania.co.uk) e Jim Vieira (History Channel), Padre Crespi era un amato educatore e filantropo locale.

La città di Cuenca in Ecuador ha molto richiesto la sua santificazione, e le comunità indigene locali esprimevano gratitudine per il suo aiuto. Tra i mezzi di gratitudine c’erano anche tavolette metalliche incise in modo infantile e semplificato, repliche di antichi artefatti o creazione in stile antico che Crespi sapeva essere dei falsi ma accettava con gratitudine come mezzo per continuare a fare la carità ai suoi beneficati senza umiliarli.

Col tempo Crespi raccolse oltre 50mila artefatti, moltissimi umili ma preziosi per capire la civiltà degli indigeni, altri meno, purtroppo molti perduti in un incendio nel 1962.

Tra quelli “meno” compaiono delle tavolette metalliche, istoriate con simboli simili a quelli babilonesi, che lo scrittore Eric von Däniken descrisse nel suo libro come la prova di una serie di tunnel in Ecuador creati da una antica civiltà, forse extraterrestre, con ramificazioni in tutto il mondo.

Quando il Dott. Luis Alvarez, dell’Università Salesiana, ha mostrato la collezione Crespi alla D.ssa Gillian, ha esibito una serie di figurine di terracotta, teschi e scalpi e altri oggetti tipicamente Ecuadoregni, tenuti in tal conto.

Nonché una serie di tavolette metalliche coi tipici tratti di falsi moderni, fatte in alluminio e leghe tenere moderne, gettati alla rinfusa in scatoloni di cartone, parte degli oggetti che Crespi accettava solo per carità cristiana.

Le varie “Tavolette della biblioteca segreta” fanno parte di queste, ma il mistero di quanto perduto nell’incendio del ’62 perdura.

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