Il video su TikTok della ragazza decapitata è la scoperta del momento.
Non abbiamo intenzione di mostrarvelo, smettetela di chiedere. Vi daremo il link a qualcuno che ne parla, chiedendo di cessare la condivisione.
E vi forniremo i risultati delle ricerche al riguardo.
Sostanzialmente il video rappresenta una ragazza, indicata (falsamente, vedremo) come orientale, che balla in una sequenza. Nella sequenza successiva viene sgozzata brutalmente da degli uomini.
Diciamo falsamente perché Newsweek ha interpellato dei traduttori dallo spagnolo: in breve, parliamo di un video che circola dal 2019 in siti “gore”, dedicati alla violenza dell’area sudamericana.
Una traduzione delle voci rivela che quantomeno il soggetto del secondo spezzone è un uomo travestito, identificato come “Pillo” e chiamato “Pu**anello” dai suoi aguzzini.
Aguzzini che non ci è dato sapere se siano attori o reali: del resto nell’arcipelago del crimine narcos, il video di gore è uno strumento accettabile di comunicazione.
La comunicazione passa tra atti di terrore tesi ad incutere timore nell’avversario, spesso con bande criminali che si affrontano in una vera e propria guerra di video con scambi, torture e uccisione di ostaggi.
Oppure “semplicemente” compiaciute esibizioni e prove di forza.
Ciò posto, esiste un intero sottobosco criminale, e illegale, di video di violenze sia reali che simulate, il cui confine spesso si fa sfumato e incomprensibile, che ha generato una intera sottocultura.
Ad esempio la subcultura del “gorestorm”.
Un Gorestorm, come suggerisce la stessa parola, è la diffusione volontaria di contenuti Gore.
Diffusione massiccia per una serie di scopi: in questo caso la pruriginosa curiosità, ma sovente anche come tecnica di trolling avanzato.
Nel gorestorm si scaricano una serie di contenuti violenti per inserirli nei commenti di una pagina Facebook o le risposte ad un contenuto social, cercando di ottenerne la chiusura.
È successo anche in passato con Bufale, e tutto quello che gli aspiranti “stormer” ne hanno guadagnato sono stati ban e segnalazioni.
Il video “gore”, di sangue, diventa quindi merce di scambio, oggetto culturale e del desiderio.
Qualcosa, come il TikTok della ragazza decapitata, da “scaricare prima che venga rimosso”, per ricaricarlo e fare cassa coi like, o per “tirarlo addosso” a qualcuno cercando di suscitare in lui timore, disgusto, o ostacolare la sua pagina.
Dal punto di vista di TikTok, il problema “parrebbe” risolto. Il video è stato rimosso, la piattaforma si impegna a vigilare, speriamo con risultati migliori.
Dal punto di vista degli utenti, abbiamo una divisione quasi manichea tra gli utenti più giovani, abituali della piattaforma, traumatizzati dagli atti di violenza ritratti e glorificati e gli altri utenti morbosamente curiosi e pronti ad annunciare di avere salvato copie del video da ricaricare per far ripartire la giostra.
Se doveste imbattervi in simili contenuti, segnalateli.
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