Approfondimento

Il Garante della Privacy sul Green Pass, avvertimenti e non veti

Le decisioni del Garante della Privacy sul Green Pass hanno dato un “giro di campo” agli antivaccinisti, convinti di aver portato dalla loro il Garante e di aver ottenuto “l’abolizione del Green Pass”.

Cosa del tutto falsa, come del tutto falsa è la bizzarra teoria per cui chi richiede il green pass sia “passibile di denuncia penale” (frase, peraltro, ossimorica come “passibile di essere buttato nell’acqua bagnata”).

Esempio di condivisioni

Abbiamo già affrontato il tema in passato, e ci tocca tornarci di nuovo.

Il Garante della Privacy sul Green Pass, avvertimenti e non veti

La prima condivisione nasce da una capziosa interpretazione di quanto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ormai un mese fa, il tre maggio.

Abbiamo avuto modo di parlarne, nel link citato nei precedenti paragrafi, ed ha avuto modo di parlarne Studio Cataldi.

E la cosa riecheggia quanto accadde per l’App Immuni, che è ancora disponibile per il download e del tutto legale.

Sostanzialmente tutto quello che il Garante della Privacy chiede è di non essere tenuto al di fuori delle decisioni fattuali e tecniche su un problema che riguarda una materia che lui stesso deve, per legge, indirizzare e sulla quale ha potestà.

Non avrebbe senso uscire con un provvedimento che inevitabilmente andrà corretto se le correzioni possono arrivare prima.

Cosa che il Garante, puntualmente, ha fatto.

Il che non significa che il Green Pass sia da buttare. Anzi.

Però correzioni, nella prima versione dello stesso (e siamo alle porte del Green Pass Europeo) andavano fatte.

Ad esempio il Garante, giustamente, suggerisce che sul sul Green Pass siano stampati o visualizzati il minimo dei dati necessari, dato il criterio di “minimizzazione” cui il GDPR è improntato, reclama il diritto di essere “avvisato” ad ogni modifica per rendere il suo parere allora e non successivamente e di indicare chiaramente i tempi di conservazione dei dati e dove rivolgersi per accesso, modifica e rettifica.

Ricordiamo inoltre che il Green Pass italiano è “una fuga in avanti” rispetto al Green Pass Europeo, al via da domani ma attivo completamente a fine giugno.

Il Green Pass Europeo sarà ovviamente il prodotto finito, coi problemi della privacy affrontati e studiati. I Green Pass Nazionali possiamo considerarli, ci si consenta l’improprietà, come “versioni beta” che vanno aggiornate e poi armonizzate al Green Pass Europeo.

Il che non li rende illegali, ma degni di aggiornamento sì.

O quantomeno, armonizzazione in attesa del finire del mese dove un Green Pass interconnesso in tutta l’Europa userà le app nazionali (Io o Immuni, a scelta, nel nostro caso) come mezzo per esibire il richiesto dato nelle forme individuate.

Un ulteriore esempio di “fuga in avanti”: la Regione Campania

Nel frattempo, tutto quello che è il Garante chiede, è fare le cose a modo, col calma, e senza fughe in avanti.

Un esempio è il veto opposto alla decisa “fuga in avanti” della Regione Campania intenzionata a vincolare l’accesso ai mezzi pubblici, a spettacoli e servizi di base all’esibizione di una Smart Card nella quale incarnare il Green Pass.

Ricordando che il Green Pass, peraltro, non può essere una misura locale, ma corale, nazionale e armonizzata a livello europeo.

Non parliamo quindi di un veto, ma del bisogno di applicare la norma con calma, gesso e precisione.

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