Editoriale

Howard University cancella il corso di classici: cancel culture o cattiva allocazione?

Howard University cancella il corso di classici, è la notizia della settimana.

Parliamo della Howard University, uno dei principali università private storicamente dedicate ad un pubblico afroamericano che ha deciso di smantellare il dipartimento di studi classici.

Smantellare, precisiamo, non implica l’abolizione degli studi classici in toto: le materie insegnate saranno diluite e distribuite in altri dipartimenti.

Scelta comunque poco apprezzata dagli studenti, che hanno aperto una raccolta di firme per chiedere il ritorno del proprio dipartimento.

Le opinioni sul come si sia arrivati a questo sono divergenti.

Howard University cancella il corso di classici: cattiva allocazione delle risorse?

Se chiedi ai dottori Brandon Hogan and Jacoby Adeshei Carter della Howard University, interpellati in relazione all’inevitabile caos mediatico, succede che semplicemente e tristemente tutto il mondo è paese.

I soldi sono pochi, la Howard University riceve molti meno fondi delle altre Università della Ivy League (Princeton conta su 27 miliardi di dollari, la Howard University deve accontentarsi di 712 milioni), quindi per continuare a offrire lo stesso piano formativo precedente, ecco che i classici sono finiti sparsi in giro per gli altri dipartimenti di umanistica.

Insomma, le solite tristi manovre alle quali siamo purtroppo ormai abituate: se c’è da tagliare, rimodulare, spostare qualcosa, alla fine si scopre sempre che sono i classici quelli mandati a spasso per dipartimenti.

Triste ma vero. O no?

Lo spettro della Cancel Culture?

Un atroce sospetto che serpeggia tra gli addetti ai lavori è che la scelta di degradare i classici a protesi delle altre materie umanistiche, preservandoli di fatto ma degradandoli nel semplice piano dell’offerta formativa, derivi dalla c.d. Cancel Culture, la teoria culturale per cui sia necessario, anzi doveroso sbarazzarsi di tutto quello che viene ritenuto offensivo rispetto all’attuale società.

Se chiedi a Cornel West, docente di filosofia pubblica alla Howard University, quello che sta accadendo è una autentica catastrofe culturale.

I classici, come dipartimento a sé e non come semplice “aggiunta” agli altri dipartimenti, sono le basi necessarie per creare una società moderna e multietnica.

In un mondo ormai ridotto all’antagonismo abbiamo infatti tentativi preoccupanti di portare lo studio dei classici nell’ambito politico, creando un autodistruttivo antagonismo tra una destra extraparlamentare di sciamani con le corna e una sinistra extraparlamentare convinta che lo studio della civiltà GrecoRomana condoni la schiavitù e i classici debbano “morire il prima possibile”.

Anche tenendo presente le mere questioni di reddito, diventa possibile che la catastrofe culturale sia stata giustificata dal fatto che, dovendo tagliare qualcosa, si è scelto di tagliare quel qualcosa preso nel mezzo tra antagonismi politici invero poco sensati.

Non si parla di cancellazione totale, ripetiamo, alla fine si sta cercando di tirare la coperta in modo da salvare tutti i corsi.

C’è solo da chiedersi se è sensato che in una società moderna gli studi classici diventino antagonismo tra ali estreme di due schieramenti opposti, ma altrettanto lunari nelle loro teorie, e se una questione delicata come l’allocazione delle risorse possa passare tra l’eterna battaglia tra Alt-Right e i Woke.

Che potrebbero benissimo, entrambi, tenersi lontani dagli ambienti della cultura.

Ambienti che spesso trattano con toni lunari, derubricando importanti battaglie di civiltà a scontri sulla parola “awomen” e sulle illustrazioni dei cereali.

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