Editoriale

“Ho qui una sentenza che dichiara i DPCM illegali”: occhio al diritto

“Ho qui una sentenza che dichiara i DPCM illegali”: questo è l’inizio di sin troppe condivisioni.

Infatti, e qui non lo negheremo di certo perché è un fatto rispondente al vero, continuano ad esserci di tanto in tanto sentenze relative all’attuazione dei DPCM all’inizio della Pandemia. Complice, naturalmente, una certa lentezza congenita di un sistema giudiziario che non può fornire sentenze “a fornello pronto”, richiede i suoi tempi.

Ad esempio, una sentenza del Giudice di Pace a Piacenza.

A ben vedere, basata su una vicenda cominciata nell’ormai lontano Aprile 2020, nel pieno del primo Lockdown.

In una situazione che quindi conosciamo benissimo, abbiamo già avuto modo di approfondire e sulla quale torneremo un’ultima volta e basta nonostante il probabile seguito sentenza per sentenza.

Le premesse

In primo luogo, si premette che non siamo in un sistema di Common Law: le sentenze non costituiscono precedente vincolante.

Conferenza stampa sui DPCM, “Ho qui una sentenza che dichiara i DPCM illegali”: occhio al diritto

Sostanzialmente nel sistema giuridico italiano le sentenze hanno valore, specialmente quelle delle Corti Superiori, perché si suppone che dopo più gradi di giudizio un organo collegiale (composto da più giudici, come avviene in primo grado in sede non monocratica, Appello e Cassazione…) sia più difficilmente incline all’errore e quindi renda in dispositivo o in parte motiva una buona interpretazione delle norme.

Cosa da cui consegue la funzione nomofilattica della Cassazione: ovviamente, l’ultimo grado di giudizio viene considerato apice del ragionamento giuridico non più del singolo, ma di più persone, aventi la visione dinamica e di insieme di più gradi di legittimità e merito cui trarre la decisione finale di legittimità.

In secondo luogo, nel sistema giuridico italiano, per le ragioni pretermesse, ogni sentenza è un caso a sé. La legge dispone del caso generale, la sentenza provvede per il caso specifico.

Una sentenza che dichiari che il Soggetto Tizio è tenuto o non tenuto ad una certa condotta dichiara solamente quale sarà il destino finale di Tizio, non di tutti i cittadini di Italia. Quantomeno fino a che il provvedimento non si traduca in un orientamento consolidato così tanto da creare immutazioni nell’Ordinamento. Ad esempio, qualora la funzione c.d. “Nomofilattica” della Cassazione dimostri che il modo più adatto per interpretare una norma è tale e non tale altro, o la Corte Costituzionale intervenga per verificare la rispondenza alla Costituzione stessa.

Difatti già nel 2021 ci troviamo dinanzi a sentenze della Consulta di segno diverso, legate quindi alla legittimità del DPCM e

Secondo la Consulta non c’è stata alcuna delega di funzione legislativa al presidente del Consiglio poiché non è stata attribuita altro che la funzione attuativa del decreto legge, da esercitare mediante atti di natura amministrativa.

Il che non ci esime dal ricordare una cosa. Effettivamente, come eccepito in molti provvedimenti di cui si parla, il DPCM è stato un sistema che ha prestato il fianco a diverse contestazioni. Anche per questo è stato superato in era Draghi.

Il superamento del DPCM in era Draghi

Il Governo uscente ha fatto molte cose: tra di queste superare il sistema del DPCM.

I DPCM sono comunque stati oggetto di confusione, anche forti dubbi: non a caso il Governo Draghi ha tagliato l’ostacolo, scegliendo da ora in futuro la strada del Decreto Legge.

A differenza dei DPCM, ricorda Alfonso Celotto, avvocato e professore di Diritto costituzionale alla facoltà di Giurisprudenza all’Università di Roma 3

Invece le decisioni e le discussioni parlamentari sono pubbliche, come impone l’art. 64 Cost.
Ecco la grande differenza: far decidere il Parlamento significa coinvolgere maggioranza e opposizione nel pieno pluralismo delle forze politiche e consente un più ampio controllo di noi cittadini, che possiamo assistere al dibattito e alle decisioni parlamentari, ormai anche in digitale.

Certo, il prossimo mese di limitazioni e chiusure sarà pesante per tutti noi, ma almeno si è scelta una strada costituzionalmente più corretta, a garanzia di tutti. Che ci sentiamo un po’ più cittadini e un po’ meno sudditi.

Il dubbio è proprio nello strumento usato ad oggi: ma col ritorno alla decretazione, siamo entrati nell’alveo certo e sicuro della Costituzione.

Siamo dinanzi quindi ad un “backlog”, ad un numero di casi legati alla gestione emergenziale mediante DPCM, esaminati caso per caso e che cominciano a giungere al primo grado di giudizio (il che comporta l’esame nei successivi).

In un sistema che il Governo Draghi ha sostituito con una strada meno incerta e che mostra meno il fianco.

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