Quest’anno siamo al cinquantesimo anniversario di “Atlas UFO Robot Goldrake”, per gli amici Goldrake, in originale Grendizer. Una delle serie della “Trilogia di Mazinga” di Go Nagai, all’inizio non parte della stessa, poi derubricata a spin-off.
Goldrake: il capolavoro che nessuno voleva (ma tutti vollero dopo)
Sostanzialmente, lo stesso autore non credeva in Goldrake tanto quanto gli spettatori ci credettero. Specialmente gli Italiani, che come abbiamo visto in questo anno di anniversari, corsero a identificare il genere anime con l’Incantevole Creamy su Bim Bum Bam e Ken il Guerriero e i Mazinga tra emittenti locali e per Goldrake la RAI.
Ma andiamo con ordine.
Le origini dei robottoni Nagaiani sono ormai avvolte nella leggenda. Un Go Nagai che secondo la volgata era stufo di essere disperso nel traffico teorizzò un modo per innovare il genere dei Super Robot in voga in Giappone dai tempi di Tetsujin 28 degli anni ’50.
Complice la lunga storia degli show di mostri in costume alla Godzilla, di cui abbiamo già parlato, tra le infinite creature nella cosmogonia Giapponese c’erano i Super Robot.
Tetsujin 28, tradotto in Italiano come Super Robot 28 (parliamo di una delle serie codificatrici del genere) era infatti la storia di un possente robot, trattato come un “mostro gigante”, enorme e mostruoso ma dalla parte della giustizia. Un essere non direttamente senziente, ma telecomandato, creato dal governo Giapponese per trionfare in guerra e reso obsoleto dalla vittoria Alleata (tema presente anche in Godzilla, dove l’enorme rettile è, di fatto, la rabbia della natura violata dall’Energia Atomica), e quindi affidato ad un geniale ragazzino di dodici anni figlio del suo creatore perché potesse telecomandarlo per combattere il crimine rampante nel Giappone del dopoguerra.
La serie degli anni ’50 creò due topos letterari dell’animazione Giapponese: il Super Robot e il ragazzino eroico che a dispetto della giovane età dimostra il coraggio, la forza fisica e la rettitudine morale degli adulti. Ovviamente non solo per scopi educativi: parliamo di serie rivolte ad un pubblico di bambini, massimo adolescenti, e bisognava stimolare l’immedesimazione in uno di loro.
Super Robot 28, il capostipite del genere
Go Nagai era stato bambino a suo tempo, nato nel 1945, e aveva vissuto l’epoca dei Super Robot: pensò, come riferisce la volgata ispirato dalle sue esperienze di pilota nel traffico, ad un robot che non fosse telecomandato dall’esterno, ma pilotato dall’interno con un giovane pilota custodito nel corpo del robot stesso.
Robot che avrebbe smesso di essere “un mostro di ferro” per diventare un’armatura enorme per un guerriero/moderno samurai che avrebbe quindi combattuto non con la “slealtà” di bombe e missili ma con la lealtà di un enorme guerriero con spade e lance.
Nagai era anche convinto sin dai suoi esordi che avrebbe potuto portare temi adulti in un genere tradizionalmente adolescenziale: riuscì a cominciare la carriera con una stroncatura feroce di Fujio Akatsuka (Stilly e lo Specchio Magico, Osomatsu-kun) proprio perché, a dire del secondo maestro “la crudeltà dimostrata [nei fumetti di Go Nagai] non era accettabile per i bambini”.
Secondo l’autore di Stilly e lo Specchio Magico, Go Nagai non era adatto ai bambini
Go Nagai rispose con l’equivalente educato e nipponico di “ok boomer, tu non sei mio padre” e dedicò la vita a creare storie che avessero anche sfondi maturi (presenti peraltro nella narrativa di altri autori, anche coevi), dall’erotismo di Cutey Honey fino all’orrore di Violence Jack e Devilman (serie profondamente collegate) e, tornando a noi, a legare ai suoi robot il tema della Guerra, della morte e del Sacrificio.
Dall’idea di Robot che potessero essere guidati, arrivarono Mazinga Z (1972) e il Grande Mazinga (1974) , serie una sequel dell’altra dove il giovane Koji Kabuto prima, il suo successore e alleato/rivale Tetsuya Tsurugi dopo si ritrovano a guidare enormi robot, i due Mazinga, per combattere le ambizioni di potere del Dottor Inferno, che ha scoperto come creare robot mortali e semisenzienti esaminando la tecnologia degli antichi Micenei e poi gli stessi Micenei, trasformati essi stesssi in robot enormi per dominare il mondo.
Potremo parlare dell’importanza dei Mazinga in un’altro articolo: ora parleremo di come in mezzo ai Mazinga sia arrivato Goldrake, o Grendizer. Così, di botto, senza senso.
Nel 1975 Nagai scrive il soggetto di un mediometraggio chiamato La Battaglia dei Dischi Volanti.
Compaiono già nel mediometraggio Duke Fleed, ovvero Actarus (vedremo nel doppiaggio italiano), fuggito dall’Impero di Yarvan col suo bravo robot Gattaiger e che decide di difendere la Terra dagli invasori.
A complicare le cose nel mediometraggio è la scoperta che il proto-Actarus voleva semplicemente scappare dagli invasori Yarvaniani e la capetta degli stessi, Telonna, voleva semplicemente andarsi a riprendere Duke Fleed per (anticlimaticamente) sedurlo a forza. Solo negli ultimi minuti del mediometraggio appara il robot, Fleed uccide controvoglia l’ex amica di infanzia Telonna e affranto decide di tornarsene nel cosmo.
L’improbabile pilot
Alcuni elementi di questa storia finiranno negli ultimi episodi di Goldrake, tutti gli altri saranno riscritti perché, a questo punto Bandai, uno dei principali produttori di giocattoli, volle che Gattaiger fosse riprogettato in qualcosa vendibile sugli scaffali.
Infatti Grendizer rispetto a Gattaiger ha gli arti più tozzi ed accessori più facilmente componibile: chiunque abbia montato i Gunpla di Bandai, i robot componibili ispirati alle serie su licenza, sa benissimo che arti tozzi e giunture solide sono necessari per avere un giocattolo posabile senza dover spendere ulteriori soldi in basi e basette di plastica.
Questo portò Nagai a rifare tutto da zero e inserire elementi narrativi che oggi definiremmo “viralizzabili”. Nella nuova serie Duke Fleed è fuggito non da un tentativo di seduzione avariato, ma dal tradimento degli alleati storici, gli alieni di Vega, che hanno bombardato il pianeta Fleed con armi radioattive che hanno indebolito Duke stesso (che da allora sente intensi dolori se esposto al Vegatron, elemento radioattivo delle armi di Vega).
Duke Fleed ruba un robot sperimentale, il Grendizer (o come abbiamo visto) Goldrake e fugge sulla Terra. Il professor Procton (Genzo Umon in originale) lo ritrova e, sulla falsariga di miti moderni come quello di Superman, lo fornisce di una identità segreta. Dirà al mondo che è suo figlio Actarus (Daisuke), tornato da studi all’estero necessari a prendere il suo posto come grande scienziato e farà passare Goldrake come uno dei fantastici marchingegni nell’hangar del suo laboratorio, secondo la logica Giapponese per cui è tipico del giovane figlio di scienziati che torna dall’Erasmus avere in garage un Ufo Robot anziché una Ford nuova.
Goldrake col Grande Mazinga
Actarus sta lì a vivere in un bucolico ranch di fianco alla casa/laboratorio del “padre”, domando cavalli e lavorando nei campi (anche qui c’è ispirazione da Superman) col vecchio Rigel (Danbei) e i suoi figli, la assai nubile, assai affascinante, assai innamorata di Actarus Venusia (Hikaru) e l’irritante e pervertito fratellino di lei Mizar.
La pace viene interrotta dall’arrivo dei mostri di Vega, del Re e dei suoi mostruosi servi, come il comandante Hydargos, il generale Gandal (nella cui testa dimora la moglie, Lady Gandal, ma solo nel doppiaggio Italiano: in originale Gandal è un essere androgino e la figura femminile nel suo cranio è parte della sua coscienza/essenza sulla falsariga del Barone Ashura nella saga di Mazinga primaria) e una serie di “dischi guerrieri”.
Actarus viene costretto a smettere la sua vita pacifica e aiutato da uno degli scienziati guerrieri del laboratorio, Alcor noto per avere un miniUFO dall’assurda inutilità decide di combattere.
Anche in questo caso il doppiaggio ci ha messo del suo: Alcor è niente poco di meno che Koji Kabuto, il protagonista di Mazinga Z, che dopo le vicende narrate nei capitoli precedenti ha lasciato Mazinga Z esposto alla “Fortezza delle Scienze” (Mazinga Z, Grande Mazinga) e si è adattato col cazzillo volante.
Solo esigenze di vendita di giocattoli infatti giustificano il fatto che Koji/Alcor abbia deciso di tenersi l’UFO e non sia tornato a casa a prendersi il più utile Mazinga Z, o dato un colpo di telefono a Tetsuya per farsi portare il Grande Mazinga: con la fame di giocattoli nella serie continuano a crescere i personaggi.
“Anche l’UFO di Alcor / Era veramente inutile” (GemBOY, E’ praticamente ovvio)
A metà serie infatti i mostri di Vega rompono la convenzione tipica del genere: anziché attaccare una sola volta la settimana (“quando la Luna diventa Rossa e Vega attacca”) scaricano una serie di mostri tutti assieme che sfasciano il laboratorio, danneggiano Goldrake e feriscono Venusia.
Proton commissiona la creazione di tutta una serie di nuovi mezzi di supporto per Goldrake, in grado di renderlo più competitivo in acqua, cielo e mare, distribuendoli tra Venusia, Alcor e Maria Fleed, sorella minore di Duke creduta morta e tornata con una carrambata convinta che Duke si sia rubato Goldrake per scappare in un momento di vigliaccheria estrema per poi credere al coraggio del fratello e decidere di aiutarlo guidando uno dei muovi mezzi di supporto, nel suo caso una trivella spaziale che darà a Goldrake il dominio del sottosuolo (a Venusia toccherà il “Delfino Spaziale” che donerà a Goldrake la supremazia nei mari, ad Alcor il Double Spacer, una variante dell’Ufo di Goldrake in grado di donare al robot la supremazia nei cieli, e quindi nel combattimento atmosferico).
Goldrake era perfetto per farne giocattoli
Arrivati al momento di chiudere le vicende, la trama si riavvierà al mediometraggio: la Principessa Rubina, alleata fedele dei Fleed e fidanzata di Actarus, si sacrificherà per rivelare che gli alieni di Vega hanno distrutto anche il loro ecosistema e aumenteranno la frequenza degli attacchi per cercare di prendersi la Terra: Actarus ucciderà Re Vega che dopo aver perso tutti i suoi sudditi cercherà di distruggere la Terra in un delirio di onnipotenza alla “Muoia Sansone con tutti i Filistei” per poi ripartire con la sorella mantendo la promessa di ricostruire il suo pianeta ormai depurato dalle radiazioni e renderlo bello e pacifico (per l’effetto evitando alla povera Sayaka, fidanzata storica di Koji Kabuto e scopriremo nei capitoli successivi della saga nuova datrice di lavoro del compagno e decisamente irritata dal fatto che nei capitoli successivi, vedi Mazinga Infinity, persino Tetsuya e la sua partner Jun hanno messo su famiglia e Koji ancora niente, di aggiungere alla frustrazione le corna in quanto Koji/Alcor è decisamente e sin troppo interessato a parcheggiare il suo ufo nel’hangar di Maria…).
Siamo quindi ad una storia tipica dell’epoca, sin troppo tipica. Nagai stesso ebbe diverse divergenze artistiche con l’editore (Toei) e con l’animatore Shingo Araki, finì in causa per problemi di royalty e decise che in fondo Grendizer era più uno spin-off dei Mazinger che si era divertito a creare, nulla più.
Non aveva previsto che in Italia sarebbe stato un successo epocale.
Tra il 1976 e il 1977 la compagnia di distribuzione italo-giapponese DeA acquisì i diritti europei della serie dalla Pictural Films di Jacques Canestrier, dopo che Nicoletta Artom, manager esecutivo dei prodotti per bambini della RAI ebbe visto questo nuovo prodotto chiamato “gli anime Giapponesi”.
Come visto con la reazione di Fujio Akatsuka, l’idea di iniziare l’animazione per bambini con un prodotto da temi molto più adulti di quelli per il pubblico di riferimento potrebbe essere una delle cause della diffidenza di un certo tipo di pubblico per l’animazione giapponese e la loro percezione come “cartoni violenti e volgari”: semplicemente, all’origine il pubblico di Nagai era diverso dal pubblico dei preadolescenti e le sue storie avevano già temi che richiedevano quantomeno le capacità di raziocinio e meditazione sui temi della guerra, della perdita, del trauma e del dolore di un pubblico più elevato.
Ma siamo in Italia e semplicemente si puntò ad un prodotto animato “esotico e nuovo”. Lo stesso nome originale Italiano, Atlas UFO Robot, deriva dal tentativo di sostituire Grendizer con un nome “esotico”.
Riedizione del vinile d’epoca: notare il nome “Atlas UFO Robot”
Nome che la volgata vuole preso dalle brochure (“Atlas” veniva usato come sininomo di “bibbia narrativa”), col mistero che non esistono brochure o bibbie narrative dell’epoca che abbiano tale nomenclatura.
Il concetto di “Atlas” però era noto, e l’opinione più probabile è che l’adattamento Italiano seguisse la Rule of cool, ovvero la “regola del quello che fa più figo”.
Le regole di filologia, semplicemente, erano saltate: Grendizer divenne Atlas UFO Robot Goldrake, le sigle furono ricantate e stampate su disco (all’epoca non c’era Spotify…) e come visto nel riassunto della trama tutti i personaggi ricevettero nomi di astri della volta celeste per richiamare le origini Aliene.
Questo portò ad un altro problema: Goldrake fu trasmesso per la prima volta alle 18:45 del 4 aprile 1978 su Rai 2, presentato come un capolavoro di un “nuovo genere di animazione” (che nuovo non era, almeno in Giappone…) ma Mazinga Z fu trasmesso il 21 gennaio 1980 su Rai 1 e il Grande Mazinga solo su emittenti locali il 1979.
Vale a dire che non solo Koji Kabuto era stato ribattezzato Alcor, ma i primi spettatori videro Alcor senza sapere chi “Razzo missile” egli fosse impu**anando ferocemente una continuity che Nagai stesso aveva rimaneggiato perché Bandai voleva i pupazzi.
Lo stesso nome, Goldrake, fu un tentativo di italianizzazione dagli effetti tragicomici: Goldrake si ritrovò a condividere il nome con un fumetto del genere erotico-pecoreccio del 1966, avventure di un bizzarro 007 xenofobo, razzista, erotomane e costantemente arrapato antesignano del genere nero/erotico.
Francobollo in edizione speciale per i 50 anni di Goldrake, rilasciato a Lucca per la Giornata della Filatelia
Nonsostante tutto questo, Goldrake fu un successo epocale: la sigla di Vince Tempera e Massimo Luca arrivò in vinile e divenne un inno per l’intera generazione girella, quell’intersezione tra generazioni coincidente con Bim Bum Bam e Actarus divenne il simbolo stesso della “nuova Giappanimazione”, per alcuni un bizzarro incrocio tra il Piccolo Principe venuto dal Cosmo ed un Epico Guerriero, per altri araldo dei “Cartoni animati giapponesi violenti e volgari fatti al computer” in quello che oggi vivremmo come un incrocio tra clickbait e pubblicità, nel quale entrò persino la politica con partiti che oggi definiremmo di “estrema sinistra pacifista” deliberare che introdurre il tema del conflitto in una serie per ragazzini glorificava la guerra e la ricerca mediante Actarus di soluzioni violente contro i “mostri di Vega”, anche ignorando, come fatto notare, che fosse stato per Actarus lui sarebbe rimasto a casa a pomiciare con Venusia e il “rifiuto del diverso” visto dalla politica non c’era perché se gli alieni di Vega non fossero andati a casa sua a rovinargli la vita Actarus ci avrebbe fatto volentieri la pace (e come visto, in almeno un paio di incarnazioni pure l’amore…).
Per decenni dopo la prima trasmissione Goldrake si spostò con le altre opere della Trilogia di Mazinga sulle emittenti regionali, per tornare nel 2025 con la serie Grendizer U pubblicata in Giappone l’anno prima, con finanziamenti sauditi, Reboot/Sequel della saga che riprende temi sia dal mediometraggio La battaglia dei dischi volanti che dalla trilogia originale mostrando Mazinga Z accogliere di fatto Actarus al suo arrivo in Arabia Saudita e ripristinando il personaggio della Principessa Teronna, ora sorella di Rubina e motivata ad accasarsi con Actarus non da improvvisi friccicori, ma dal volersi immolare per evitare a Rubina le nozze con un uomo che non rispetta ma imparerà a capire solo dopo, dando a Venusia un ruolo più attivo e sostuendo l’inutile “Ufo di Alcor” con un terzo Mazinga, il Mazinga X, ottenuto con tecnologie del pianeta Fleed e superiore ai modelli terrestri.
Come abbiamo già visto, Goldrake ha acceso il fuoco italiano per l’animazione nipponica: ma accanto ai Mazinga ha popolarizzato una serie di temi del genere. Come il cattivo alieno che decide di attaccare il Giappone con un mostro alla volta, il “cattivo della settimana”, ma che col proseguire della guerra rivela motivazioni sempre meno aliene e sempre più umane in un confluitto che viene descritto seminare vittime in ambo le fazioni.
Grendizer U, il sequel/reboot/quel che è
Introduce anche il tema dello scontro della settimana come un cavalleresco scontro all’arma bianca, col robot estensione del pilota e sua armatura, e il team “base” dove l’eroe viene sempre accompagnato da un interesse amoroso, un bambino rompipalle che serve per dare ai più piccoli uno strumento per comprendere vicende altrimenti troppo mature e uno scienziato paterno e saggio.
L’esistenza di Grendizer U e delle ristampe del vinile storico testimoniano l’amore per la saga, parodie come Goldrake al Ristorante dei GemBoy dimostrano che ancora adesso il “robot che si trasforma in un razzomissile con Circuiti di Mille Valvole” fa parte di un olimpio di pionieri del genere che vive di rendita nella mente della “Generazione Girellara”, quella cresciuta a Girella ed Ovomaltina, subito dopo il Carosello ma prima delle fumetterie, che imparava a conoscere l’animazione orientale da spazi televisivi con nomi censurati e sigle rifatte, ma per la prima volta.
L’esistenza di giochi moderni dedicati alla saga, come Il Banchetto dei Lupi, sia pur poco recepiti dalla critica dimostrano che esiste un intero pubblico cresciuto a “libri di cibernetica e insalate di matematica” il cui primo contatto con gli anime è passato da Goldrake.
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