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Fine dei giochi: Djokovic espulso, in partenza per Dubai

Djokovic espulso: così finisce l’ormai tragicomica telenovela più amata dai novax di tutto il mondo.

Storia che ha tirato oggettivamente fuori il peggio dalla blogosfera, facendo concordare una nutrita (e vociante e rumorosa) fetta “dell’Internet” sul fatto che se l’Australia allontana dalle frontiere “un tizio a caso” è il momento di festeggiare, lodare la difesa dei “patrii confini” e farsi Balilla.

Difesa a oltranza questa che potrebbe aver influito, negativamente, sugli esiti processuali.

Ma se un ricco atleta con molti soldi e tanti sponsor incappa in problemi doganali, ecco che per alcuni (ironico per chi si erge a paladino della libertà) si pretende che basti avere il denaro per ricorsi e la fama per gli sponsor per avere una scappatoia.

E questa è la lezione che abbiamo appreso.

Breve riassunto delle puntate precedenti

Come riassumere il tutto? Djokovic sbarca in Australia per gli Open.

Nella Australia nota per essere rigida sui confini, appaiono le prime anomalie. Il Djokovic elevato a idolo dei novax arriva con un’esenzione da vaccino.

Esenzione che al principio non si capisce da dove arrivi: poi viene precisata essere dovuta per un’infezione testimoniata da un tampone positivo il giorno sedici Dicembre.

Il visto di Djokovic viene revocato e questi viene chiuso in una stanza di albergo mentre i suoi avvocati approntano ricorso. Djokovic vince il ricorso, esultanza (comprensibile) dell’atleta, meno comprensibile dei novax che, amando scommettere sul cavallo sbagliato (con o senza ivermectina) trasformano sui social l’iniziale vittoria processuale di Djokovic in un plebiscito, anzi una vittoria novax sui cattivi vaccinisti.

Arrivando a diffondere assurde bufale in cui attribuiscono la vittoria processuale di Djokovic a quel genere di tetri mezzucci che al massimo in Italia ti costerebbero una denuncia per interruzione di pubblico servizio.

Intervengono una serie di ulteriori nuove anomalie. I “timecode”, i numeri apposti telematicamente che indicano data e protocollo sui certificati relativi ai tamponi di malattia e guarigione dell’atleta non tornano, risultando potenzialmente difformi rispetto a quanto plausibile in base ad una analisi riportata da Der Spiegel.

Peraltro, anche volendo dar buona la teoria per cui i codici datari sono relativi al momento in cui i certificati sono stati scaricati e prodotti in tribunale e non inseriti in archivio, arriviamo alla questione per cui Djokovic, a fronte di un certificato di malattia del 16, dal 17 fino alla presunta guarigione era ancora pronto ad eventi pubblici documentati.

Il tutto è stato archiviato dall’atleta come errori dello staff: ma il Governo Australiano ha provveduto a revocargli il visto, aprendo la possibilità a tre scenari.

Djokovic si appella e vince, Djokovic si appella ma la sentenza arriva dopo che gli Open sono cominciati, quindi vince in tribunale ma perde (a tavolino) la competizione, Djokovic espulso perché ha perso in giudizio.

Si è avverata la terza.

Fine dei giochi: Djokovic espulso, in partenza per Dubai

“Bye bye, a Dubai”: questo è il finale della vicenda sportiva che qualcuno aveva voluto trasfigurare in una sorta di spartachista vittoria dei novax, pronti a cementare il primo passo verso la loro immaginaria Norimberga 2 sul trionfo sportivo e non di Djokovic.

Da un lato i legali del Governo, inclini a difendere la decisione del Ministero e pronti a difenderla proprio sul principio evidenziato.

Del resto, come diceva Ovidio, “Una pessima causa diventa anche peggiore col volerla difendere”.

Il caloroso, anche rumoroso, sostegno della comunità novax del mondo è diventato un boomerang pronto a colpire alla nuca Djokovic.

I legali del Ministero hanno infatti ricordato che, al livello di parossismo in cui le vicende erano arrivate, per il ministero “Mollare il colpo” e accettare l’ingresso dell’atleta nonostante le criticità evidenziate avrebbe significato un forte rischio di emulazione di altri novax, pronti a ignorare le leggi australiane in difesa della salute pubblica agitando il feticcio della sconfitta del Governo.

A nulla è valso l’intervento dei legali di Djokovic, che hanno negato che le decisioni dell’atleta fossero basate su posizioni novax, inferendo che comunque i novax trarranno occasione di critica anche dalla decisione negativa.

Che è arrivata: tra un’ora e mezzo Djokovic parte per Dubai.

Lo aspettano un allontanamento dell’Australia che potrebbe anche durare tre anni.

Giocherà al suo posto Salvatore Caruso, Italiano, primo dei non classificati.

Djokovic ritorna in Serbia (via Dubai) con le difese del presidente Vucic, che accusa l’Australia di aver maltrattato un suo cittadino per dieci giorni, e per la soddisfazione del Governo Australiano.

Il quale, per voce del Primo Ministro e del Ministro degli esteri, esprimono enorme soddisfazione per aver difeso i sacrifici dei loro cittadini e i grandi progressi ottenuti alla battaglia contro COVID19.

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