Notizia Vera

Coronavirus, primo malato a Torino: un uomo di 40 anni che ha avuto contatti con i casi in Lombardia

Tra i molteplici falsi allarmi è fatale che ce ne sia qualcuno reale. È ineluttabile: un virus non ha gambe, ma scrocca passaggi. Le circostanze per cui il Paziente Zero prima della diagnosi è venuto a contatto con molte persone, comporta che tra quelle molte persone qualcuno svilupperà in questi giorni il COVID19.

È così che funziona l’infettività, ed è per questo che il nostro SSN si è preparato a lungo.

Si tratta di un italiano di 40 anni che ha avuto contatti con i casi in Lombardia. L’uomo lavora in una azienda a Cesano Boscone dove lavorerebbero altri due contagiati. La conferma è arrivata dal test eseguito all’ospedale Amedeo di Savoia. L’uomo, che ha accusato i primi sintomi giovedì, avrebbe per ora solo una blanda febbre e lievi malesseri. Il caso è stato confermato anche dal presidente della Regione Alberto Cirio che aveva parlato anche di altre 15 persone in Piemonte per cui erano in corso i test di accertamento. Ma in serata si è saputo che tutti sono risultati negativi. Per ulteriori 15 casi si attende invece l’esito degli esami.

Quindi diverse persone a contatto, o a contatto di contatto, col Paziente Zero ed una sola positiva al test.

Come ci ricorda la stampa locale

Le condizioni dell’uomo

Il sindaco Simone Negri ha invitato alla prudenza, ha contattato i vertici di Regione Piemonte e il direttore sanitario regionale che lo hanno informato sulle condizioni di salute dell’uomo: non sarebbero gravi e non si troverebbe in pericolo di vita. Sotto osservazione si trovano anche i famigliari dell’uomo, la moglie, i due figli di 8 e 10 anni e tutti coloro che sono venuti a contatto con lui. Secondo i vertici di Regione Piemonte, il 40enne sarebbe “venuto in contatto con il ceppo lombardo”, anche perché due suoi colleghi sono ricoverati in Lombardia, positivi al virus.

[…]

“Si tratta di un residente in Piemonte che collabora con un’azienda locale e trascorre a Cesano mediamente due giorni alla settimana. Stando a quanto ho potuto accertare, parlando anche con suoi colleghi, si tratta di una persona che non ha particolari rapporti con il territorio, a eccezione del contesto lavorativo, e che avrebbe contratto il virus da un altro dipendente non cesanese legato al focolaio di Codogno. L’azienda, quindi, sarebbe stata il luogo della trasmissione”.

Si conferma quindi corretta la scelta di “mappare” tutti coloro entrati in contatto col focolaio di Codogno e provvedere a controlli rapidi ed immediati.

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