Ci segnalano i nostri contatti una notizia titolata Coronavirus, dagli Usa nuovo farmaco sperimentale: “Efficace”.
Essenzialmente corretta, ma come per casi simili, andrebbe ulteriormente precisata. Non parliamo infatti di una cura che da sola risolverà il problema COVID19 (cosa che spetta al vaccino). Ma parliamo di un aiuto funzionante, efficace ed estremamente prezioso.
Il meccanismo è assai simile a quello dei cocktail anti-HIV usati in Thailandia in casi simili.
Ricorderete tutti dalle vostre reminscenze di Esplorando il Corpo Umano gli episodi su DNA e RNA: quelli che rappresentano il codice genetico come un nastro con dei buffi omini seduti che viene tagliato e incollato da altri omini più grandi vestiti da operai.
Un virus nella nota trasmissione educativa veniva rappresentato come un vermetto con le braccine e la faccia antipatica che, estratto dalle sue viscere un suo nastro con dei suoi omini personali, afferrava un paio di forbici per sforbiciare via gli omini inseriti dagli operai nel corpo umano e inserire i suoi.
Come risultato, le “fabbriche” immaginarie del corpo umano avrebbero smesso di produrre altre cellule e cominciato a riprodurre altri vermetti con le braccine e la faccia antipatica: gli antivirali sostanzialmente distruggono quelle forbici, o meglio in questo le rendono ottuse e senza filo rendendo ai vermetti assai difficoltoso “lavorare” sull’organismo ospite.
In termine maggiormente tecnico si parla di ostacolare l’RNA Polimerasi: costringendo il SARS-CoV-2 a lavorare con forbici che dall’oggi al domani smettono di funzionare, cominciano a tagliare male o si trasformano da forbici ben diritte a forbici da stoffa a zig zar prelevando omini sbagliati
L’attività di replicazione inibita dagli antivirali secondo Esplorando il Corpo Umano
Per l’effetto, il virus diviene meno efficace nella sua replicazione: i virus sopravvivono perché si riproducono assai più velocemente di quanto possano degradarsi e “cessare di esistere” (lo stesso concetto di “vita” su un virus è scarsamente applicabile: essi sono “qualcosa al confine della vita”).
Se lo privi o gli rendi malagevole riprodursi, la carica virale, ovvero il numero di virus che prendono il controllo delle cellule dell’organismo ospite per riprodursi crolla di colpo, portando al miglioramento.
Che il Remdesivir, creato per cercare di contenere l’emergenza Ebola, agisce su un meccanismo che molti virus hanno in comune, rivelandosi non già efficace contro l’Ebola (verso il quale aveva efficacia limitata), ma contro moltissimi virus della numerosa e ricca famiglia dei Coronavirus.
Non a caso, quella di SARS, MERS e del SARS-nCoV-2… l’ultimo e più pericoloso arrivato.
Il Remdesivir è stato già usato con successo allo Spallanzani, e la ditta produttrice, l’azienda Gilead degli USA, ne ha mandato ulteriori lotti che potranno essere usati con profitto sui malati, con un piccolo intervento del Comitato Etico per ridestinare i lotti assegnati a pazienti purtroppo deceduti a quelli ancora in vita.
Una cura efficace comporta una riduzione della fatalità del COVID19, purché accompagnata dal perdurare delle misure di contenimento che consentiranno agli ospedali di non ridursi al collasso e non faccia tirare troppo presto un respiro di sollievo che avremo solo quando sarà terminata la corsa al vaccino.
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