In queste settimane potete vedere al cinema Tron: Ares, l’ultimo capitolo di una saga cinematografica durata ormai quaranta anni. Retro nel senso più puro del termine: un viaggio nell’informatica ai tempi dell’otto bit evoluto dapprima in una digressione sugli orrori del tecnocapitalismo per poi diventare un’esplorazione del tema dell’AI.
C’era una volta Tron (ed ha creato un’estetica)
E poi, al netto degli spoiler che cercherò di evitare, Ares, il protagonista eponimo dell’ultima avventura, è un impallinato di retro come voi che mi leggete, allevato a Depeche Mode e estetica cyberpunk/neonpunk che lega l’umanità e la mortalità, la caducità della vita a tali temi perché, mi si permetta la battuta, se anziché a Depeche Mode e cyberpunk fosse stato cresciuto a fettine panate e fumetti del Paninaro (i “nostri” anni ’80, probabilmente più che mortale avrebbe desiderato essere morto.
Ed ora torniamo all’epopea di Tron.
Non a caso Tron è un film della Disney, perché possiamo riassumere il primo tron in Alice nel Paese delle Meraviglie ambientato nelle meraviglie dell’informatica degli anni ’80, il mondo delle sale giochi e dei primi home computer che toglievano il monopolio dell’informatica ad uffici e megaditte per portarlo nelle case.
Alice nel Paese delle Meraviglie incrociato col Mago di Oz, e unito ad una riflessione sul capitalismo e sul passaggio dall’era eroica dell’informatica smanettona a quella delle corporazioni e del consumismo: il primo capitolo segue le avventure del giovane programmatore Kevin Flynn, licenziato dalla ENCOM di Ed Dillinger dopo che il suo genio è stato munto per creare una serie di videogiochi iconici.
Ovviamente il riferimento è al mondo videoludico della seconda generazione, ed a controversie come quella che vide Atari contrapporsi ad Activision, fondata proprio da programmatori fuoriusciti dalla stessa perché non vedevano i loro diritti riconosciuti e accusati dalla compagnia di essere traditori ingrati pronti a vendere la loro fedeltà per far soldi con conoscenze e competenze acquisite presso di loro.
Alice nel Paese delle Meraviglie, l’antesignano di Tron
Flynn si ritrova come la “Banda dei Quattro” di David Crane a combattere contro il malvagio Dillinger, ma avendo solo i soldi per creare una sala giochi e non una sua ditta (non ancora, vedremo), riunisce altri due lavoratori scontenti, il fedele amico Alan Bradley e la dottoressa Lora Baines per cercare di hackerare i server di Encom e cercare le prove del furto ai danni di Flynn.
Come in Alice nel Paese delle Meraviglie, ma anche come nel Mago di Oz incrociato con lo Sprawl di Gibson, Flynn attiva una sorta di trappola basata su un raggio laser creato con tecnologia rubata alla dottoressa Baines che lo teletrasporta nella realtà virtuale.
Realtà che esattamente come nel Mago di Oz è popolata da versioni digitali delle persone che conosce. Esattamente come con l’effetto Eliza, la tendenza nota ad antropomorfizzare computer e programmi, ogni abitante del mondo virtuale ha un parallelo nel mondo reale, ed ha il viso, le fattezze e la personalità del “creativo” (o “utente”) che lo ha creato.
Flynn sostituisce quindi CLU, un programma con le sue fattezze che aveva creato come tool per l’hacking che avrebbe dovuto sconfiggere Master Control Program (arbitro del sistema, ottenuto riprogrammando un gioco di scacchi rubato) e il suo fedele servitore Sark, rispettivamente muniti della sola voce e della voce, fattezze e movenze del malvagio Dillinger.
Scena di TRON
Flynn finisce intrappolato nel mondo virtuale, costretto da Sark a combattere in crudeli giochi gladiatori ma viene riconosciuto dagli altri programmi come un “creativo”, il loro “dio”, uno dei personaggi del mondo reale che ha dato loro vita.
Parte così con l’aiuto di un “bit”, l’unità base dati che agisce come una fatina/guida/tutorial alla ricerca di Tron (portmanteau di Electronics e TraceOn, un programma creato da Bradley e con la sua personalità come nemesi di Sark e Master Control, arbitro e regolatore finale del server ENCOM/Dillinger), con l’aiuto di Yori, generosa programma di gestione input/output programmata da Baines.
Flynn parte in vantaggio su MCP e Sark: in quanto creativo conosce i ludi gladiatori, tra cui la sfida sulle Light Cycles, le iconiche motorette digitali da lui create per un gioco ed ha poteri superiori alla media.
Il Grid in Tron ARES
Sostanzialmente siamo in un mondo di Oz dove il Mago non è un cialtrone ma ha poteri veri: è il Dio di quel mondo, intrappolato tra le sue creazioni che si aspettano che lui abbia tutte le risposte del mondo, ma Flynn non ne ha nessuna. Nonostante questo Flynn torna casa, Dillinger viene screditato e lui e Bradley prendono il controllo di ENCOM.
Seguiranno diversi videogames e due capitoli videoludici: nel secondo, Tron: Legacy del 2010 anticlimaticamente il cattivo è proprio CLU. Kevin Flynn, incapace di smettere di esplorare il mondo virtuale, ricrea CLU per aiutarlo e sparisce con lui, ma CLU diventa un tiranno che come MCP e Sark corrompe Tron per metterlo al suo servizio e questa volta toccherà a Sam Flynn, giovane programmatore che combatte tutte le multinazionali, compresa ENCOM che ora è del padre e Bradley e la Dillinger ad entrare nel mondo digitale, ereditare la volontà del padre, salvare l’universo virtuale da CLU 2.0 e Rinzler (basato sui dati di Tron, ma ormai un servo privo di volontà) e salvare l’affascinante Quorra, programma di AI senziente in grado di vivere nel mondo reale, parte di una serie di programmi oppressi da CLU e Rinzler come minaccia al loro ordine.
Fino ad arrivare all’ultimo capitolo, Tron: Ares, in cui ancora una volta i protagonisti sono i malvagi. Riducendo al limite gli spoiler, la ENCOM passa di mano ad una nuova programmatrice che vorrebbe usare le AI per salvare il mondo (altro tema moderno), il figlio di Dillinger rifonda la Dillinger come un contractor militare e il nuovo Master Control Program, una AI evolutissima con l’abilità di visitare brevemente il nostro mondo, si innamora della mortalità e di quello che l’umanità ha rappresentato e se nel primo capitolo Flynn era andato nel mondo digitale per salvare Tron e le sue creazioni, nell’ultimo una creazione di Dillinger cercherà gli eredi di Flynn per unire e salvare i due mondi, o morire nel tentativo.
La prima cosa che viene in mente pensando a Tron sono le Tron Lines, personaggi illuminati da linee su tutto il corpo. Blu e bianche per gli eroi, rosse per i malvagi e i loro sgherri.
Le origini di Tron sono infatti una serie animata, o meglio il tentativo del produttore Steven Lisberger di crearne una: fu creato prima un bozzetto animato, e poi una demo di 30 secondi con l’apparizione di Tron, per studiare la fattibilità delle tecniche.
Le tecniche passarono dall’animazione tradizionale alla Backlit Animation, portata al limite proprio su Tron, una tecnica in cui la sorgente luminosa viene filtrata da appositi mascherini e sovraimpressa alle scene girate, creando così personaggi ibridi tra recitazione tradizionale e “creati dalla luce”, in modo da richiamare gli ologrammi e la tecnologia.
Sark, dal bozzetto all’attore
Per il disegno delle armature e delle tute dei programmi fu chiamato il fumettista francese Jean Giraud, noto come Moebius, maestro dell’illustrazione fantascientifica e uno dei padri delle saghe dell’Incal e del Metabarone, su soggetto e trama di Alejandro Jodorowski.
Il mondo virtuale e i suoi mezzi, dalle Light Cycles agli iconici mezzi militari dei servi di Sark, furono invece creati dal designer industriale Syd Mead.
Il risultato fu un mondo creato dalla luce, una via di mezzo tra quello che avremmo potuto vedere usando un Nintendo Virtual Boy e una fredda metropoli industriale, costruita intorno alla crudeltà affaristica dei Dillinger. e dove la speranza di un futuro di tecnologia e ricchezza materiale e spirituale (tema che tornerà nei capitoli successivi, con un Flynn ormai adulta) viene schiacciata dalla sete di potere di Dillinger.
Sark è infatti disegnato da Moebius con linee spigolose ed un’armatura marziale e guerriera sull’aspetto arcigno e avido di Dillinger, mentre Tron come un guerriero eroico avvolto da una tenue luce bianco-azzurrina, il tutto cementato da uno dei primi casi noti di CG nel mondo del Grande Schermo, così avveniristica da essere stata scartata dall’Academy e rimossa dalla considerazione degli Oscar perché “sarebbe stato barare” rispetto agli esperti di Effetti Speciali dell’Epoca.
Le LightCycles
Esattamente: un film basato sul popolare il mondo di Alice nel Paese delle Meraviglie e del Mago di Oz di Intelligenze Artificiali fu squalificato per lo stesso motivo per cui oggi neghiamo a quello che viene creato con l’AI stessa la dignità di arte.
“Se è fatto al computer, non è reale”: eppure Tron fu nominato per i costumi e per le colonne sonore, queste ultime caposaldo di tutti i capitoli successivi della saga.
Costumi che divennero fenomeni di costume e dal 2010 anche oggetto di una reinterpretazione promozionale (tornata in tempo per ARES) che vede i gli eroi Marvel indossare costumi istoriati dalle Tron Lines e cimentarsi nel lancio degli identity disk che sono sia armi che latori del codice dei programmi stessi.
“Tron è così idealista: ‘Se solo mettessimo gli strumenti nelle mani delle persone, allora la democrazia sarebbe assicurata per tutti i tempi’”, disse Liesberg stesso in una intervista.
“La parte ironica è che il computer è stato utilizzato per rovesciare la democrazia! Se qualcuno avesse detto: ‘Se mettessimo questi strumenti nelle mani del pubblico, si tradurranno in infinite teorie del complotto, disinformazione, mancanza di civiltà, fiumi di porno infiniti, e i videogiochi più violenti che si possano mai immaginare’, avremmo detto: ‘Oh, non è vero!! Sarà tutto meraviglioso!’ Abbiamo scoperto che possiamo prevedere gli strumenti del futuro, ma non possiamo davvero prevedere le filosofie o l’etica del futuro”.
Del resto, è impossibile non vedere nei vari protagonisti dei vari capitoli della saga personaggi tipici dell’era informatica trattata.
Dillinger è l’imprenditore/CEO macchina da soldi, quello che che vede nei videogiochi e nel mondo virtuale qualcosa da vendere e comprare come una merce, completamente privo di anima, che nel mondo del “Grid della ENCOM” (il server virtuale) diventa la coppia MCP/Sark, schiavisti che trattano i programmi non come sogni ma come proprietà da monetizzare, echeggiando i tentativi di Atari di mantenere il più ferreo controllo sull’Atari VCS e i suoi giochi.
La nuova Dillinger, o l’informatica moderna
Kevin Flynn e Alan Bradley diventano avatar di Steve Jobs e Bill Gates: i personaggi che decidono di portare l’informatica alle masse, il primo rendendo l’Apple II e il Macintosh prodotti accessibili per le famiglie e gli studenti e il secondo semplificando il PC e il mondo del gioco in un mondo di compatibili. Flynn unisce un certo misticismo, diventando un Dio/Mago di Oz che nel mondo virtuale rifiuta la sua divinità messianica ma diventa uno sciamano che vaga per il mondo virtuale risolvendo conflitti.
Tron: Legacy rappresenta per la saga quello che i capitoli successivi di Monkey Island, come Tales of Monkey Island del 2009 (non a caso vicino al 2010) fu.
Il protagonista è ora Sam, figlio di Kevin, un hacktivist pronto a rubare i prodotti del padre per regalarli alle masse. ENCOM è saldamente “la casa dei buoni” ora, ma come Apple passò col tempo dalla ditta che combatte la massificazione alla personificazione stessa del consumismo, ora Sam Flynn trova l’eredità paterna un ingombrante simbolo dell’informatica che prende le vecchie glorie del passato e le trasforma in prodotti. Dovrà quindi commettere “parricidio virtuale”, superando il padre, ora intrappolato nel mondo virtuale per crescere la bella Quorra, una IA avanzata in grado di provare sentimenti ed emozioni umani, “derezzando” (uccidendo) CLU 2.0 in sua vece per decidere di riscoprire l’umanità con Quorra prima di riportare ENCOM ai suoi fasti.
Tron: Ares è invece il frutto del timore delle AI: un nuovo Dillinger ricrea un nuovo Master Control Program per cercare di rubare alla nuova CEO di ENCOM un frammento di codice in grado di rendere le AI “reali” e portare il mondo virtuale nel mondo reale. Ares, destinato ad essere il nuovo Master Control, decide di fare suo il motto di Tron “I stand for the User” (“Io combatto per i creativi”) cercando di scoprire cosa potrebbe renderlo umano, e non ho intenzione di spoilerare cosa scoprirà sull’umana condizione.
Una LightCycle in Tron Ares
Nel prosieguo della saga insomma non ci sono più umani che visitano il mondo delle macchine, ma macchine che imparano a conoscerci tanto quanto noi conosciamo loro, imparando che il “Creativo” non è un essere divino, ma è la sua imperfezione e impermanenza (cose che una AI non conoscerà mai) a dargli la scintilla necessaria per creare mondi, e Ares abbandona quel tono cupo della cultura dei primi del XXI che vedeva l’informatica ormai brutalmente massificata e i sognatori/creativi degli anni ’80 diventati troll consumatori e consumistici alla ricerca dell’ultimo telefonino per arrivare alla speranza che, per quanto l’era dell’AI possa peggiorare ogni cosa (pensiamo a come sia facile creare interi filoni di bufale con le AI), è ancora forte la speranza che le AI possano essere come ogni strumento “usate per il bene”, e se una “vera intelligenza” apparirà, potrebbe non essere un mostruoso servitore del male, ma un dolce sognatore con una passione per i Depeche Mode che mentre i suoi colleghi umani sognano di diventare Alice per viaggiare nel Paese delle Meraviglie, sogna di essere Pinocchio e lasciare il Paese dei Balocchi per guadagnarsi il diritto di essere “un bambino vero di carne e ossa” e conoscere persone come lui.
Kevin Flynn lo “sciamano” e Sam Flynn l’hacktivista, incarnazioni di Steve Jobs e del popolo degli Anonymous, ora cedono il passo ad Eve Kim, programmatrice sognatrice e geniale convinta che il mondo delle AI e dell’informatica possano offrire all’Umanità molto più che intrattenimento a basso costo, e che l’ottimismo con cui negli anni ’80 volevamo migliorare il mondo non deve ancora morire.
Esisterà sempre un Tron insomma, ed ogni volta esso tornerà come riflessione sul mondo dell’informatica.
E se volessimo visitare il mondo di Tron?
Non possiamo teletrasportarci nella realtà virtuale, o aspettare che un programma dalle improponibili fattezze di Olivia Wilde in tiro o Jared Leto dall’aria sexy e stropicciata vengano a prenderci per portarci in viaggio con loro, ma già nel 1982 potevamo giocare al gioco arcade di Tron di Bally Midway o a Deadly Disc of Tron di Mattel per aiutare Tron a sopravvivere ai ludi gladiatori di Sark fino all’arrivo di Flynn.
Nel 2003 un tentativo di sequel, Tron 2.0 con un nuovo umano che entra nel Grid, fu messo in vendita ed estromesso dal canon per far posto a Tron: Evolution prequel dove grazie agli occhi di Anon, uno dei programmi del nuovo Grid, vedremo gli eventi che hanno portato all’ascesa di CLU 2.0 e alla caduta di Tron.
Di tanto in tanto Disney ha reso giocabile Space Paranoids, la creazione che nel mondo di Tron è il videogioco creato da Kevin Flynn e, in un momento di autoironia, descritto come il prodotto principale di ENCOM che lo riproduce di anno in anno.
Sostanzialmente ci sarà sempre un Tron a descrivere e riflettere su dove l’informatica sta arrivando.
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