Da alcune ore sta circolando la storia di Brunetta che avrebbe detto basta allo smart working, ritenendolo un imbroglio. Un’intervista che ha richiesto immediata rettifica da parte di alcune testate, che hanno ripreso dichiarazioni sì autentiche del nuovo ministro su un argomento delicato (da noi trattato in passato a proposito dei vari DPCM), ma del tutto fuori contesto. Una di quelle situazioni dove non conta il colore politico di un personaggio noto, in quanto le scuse e le correzioni sono doverose. Ci sono dunque un paio di elementi da considerare.
Un chiarimento doveroso, quello che qualcuno sta rendendo pubblico in queste ore. Alcuni organi di stampa, infatti, nella giornata di ieri hanno riportato presunte dichiarazioni di Brunetta, che da nuovo ministro avrebbe detto immediatamente basta allo smart working. Arrivando a definirlo un imbroglio. Parole in parte uscite effettivamente dalla sua bocca, ma considerando il fatto che stiamo parlando di un argomento legato alla pandemia da Covid, il contesto è tutto.
Come giustamente ha riportato Il Sole 24 Ore, l’errore di alcuni giornali (anche importanti e di caratura internazionale) è stato evidente. Brunetta ha sì detto “basta” allo smart working, ma le sue parole risalgono al mese di giugno. Sufficiente, a tal proposito, osservare l’immagine che vi abbiamo riportato ad inizio articolo. In sostanza, l’esponente del nuovo governo Draghi ha detto queste cose a giugno, quando non era ancora un ministro e, soprattutto, quando il peggio sembrava ormai superato in ottica Coronavirus.
Non sta a noi dire se abbia fatto bene o meno Brunetta, in quel contesto, a dire basta allo smart working, aggiungendo addirittura “imbroglio” a detta di qualcuno. Resta il fatto che qualcuno, per fortuna, abbia iniziato a chiedere scusa al ministro e ai lettori, con la rettifica di oggi 16 febbraio.
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