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Vittoria del Garante: ChatGPT si adegua al GDPR (o comincia a farlo)

Vittoria del Garante: ChatGPT si adegua al GDPR (o comincia a farlo). Questo, nonostante le obiezioni di chi riteneva le legittime richieste del garante “irragionevoli”, “impossibili” o invocando presunte caratteristiche della “Rete Neurale” che, assai distopicamente, avrebbero dovuto comportare l’abbandono delle minime garanzie di privacy del cittadino come sacrificio per raggiungere il futuro delle “Sorti Umane e Progressive”.

Vittoria del Garante: ChatGPT si adegua al GDPR (o comincia a farlo)

Alla fine, buona parte delle richieste inoltrate a OpenAI nel “provvedimento di limitazione” con cui il Garante Privacy Italiano aveva richiesto maggiori garanzie e OpenAI aveva replicato chiudendo il servizio agli Italiani (scelta ricordiamo di OpenAI e non del Garante) sono state implementate.

Provando incidentalmente che era possibile farlo.

Vittoria del Garante: ChatGPT si adegua al GDPR (o comincia a farlo)

Ad esempio Sam Altman, CEO di OpenAI, ha annunciato trionfalmente che da ora sarà possibile l’opt-out, ovvero la scelta di “sottrarsi” all’uso dei propri dati da parte di ChatGPT, agendo sul menù della cronologia delle comunicazioni.

Che evidentemente non bastava rimuovere dalla lista perché fossero inserite nel calderone di ChatGPT.

Il principio della trasparenza nel trattamento dei dati, nonché del rispetto delle esigenze del legittimo titolare, si avvicina agli standard europei.

Inoltre sarà introdotta una nuova tipologia di prodotto in abbonamento, ChatGPT Business che non usa i dati per l’allenamento del bot in default, provando quindi la possibilità di un modello basato sul controllo umano.

Cosa non da poco, dato che Samsung ha dovuto vietare ChatGPT perché alcuni dipendenti usavano i servizi di OpenAI per farsi dare “aiutini” nella programmazione di software e campagne promozionali legate a prodotti non ancora sul mercato e quindi comprensibilmente da tenersi segreti.

Una delle doglianze del Garante, quelle legate alla poca chiarezza nelle comunicazioni, vengono ulteriormente rimosse: come per Facebook e Twitter ad esempio, l’utente potrà con un solo click scaricare tutti i dati che ChatGPT detiene su di lui, anziché doversi imbarcare nell’umiliante trafila di mandare una mail aspettando note.

Restano da sistemare i nodi sull’accesso dei minori di anni tredici, e la rettifica di dati “generati da AI” e del tutto erronei. Cosa che non è puntiglio: in alcuni casi ChatGPT, nello stile del peggior complottista cialtrone notutto, si era spinta per limiti del modello uniti all’uso di particolari “prompt” (modi di porre domande) a inventare dal nulla articoli di quotidiani come il Guardian attribuendoli a giornalisti che non li hanno mai scritti.

“Prompt” che consentono di aggirare i limiti messi sulla piattaforma per farsi “aiutare” a congegnare teorie del complotto e contenuti simili.

Siamo comunque nella direzione giusta, di cui ricordiamo il Garante Italiano è stato apripista ma non unico preponente.

Tutto questo arriva a ridosso della scadenza del 30 Aprile, termine che avevamo visto essere uno dei primi nei quali si sarebbe saputo del provvedimento di limitazione. Probabilmente, se OpenAI continuerà per la china collaborativa, ChatGPT potrebbe tornare fruibile in Italia, non essendovi più il rischio di sanzioni a fermare OpenAI dal monetizzare.

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