Sul social X è stato condiviso uno studio pubblicato di recente su PubMed che viene presentato come una prova definitiva della pericolosità dei vaccini mRNA contro il Covid-19. I ricercatori avrebbero confermato la presenza di enormi quantità di DNA residuo nelle fiale di Comirnaty (Pfizer/BioNTech) e Spikevax (Moderna), e questo significherebbe automaticamente genotossicità, cancerogenicità e mutagenicità. In realtà, l’interpretazione dello studio è fuorviante e decontestualizza completamente i risultati.
Lo studio pubblicato da Speicher e colleghi nel 2025 ha analizzato un campione di fiale dei vaccini mRNA Comirnaty di Pfizer/BioNTech e Spikevax di Moderna, provenienti dall’Ontario, Canada. L’obiettivo era quantificare la presenza di DNA residuo derivante dai processi di produzione. Utilizzando tecniche avanzate come la fluorometria Qubit e la PCR quantitativa, i ricercatori hanno misurato il DNA totale, il DNA plasmidico specifico e la presenza di sequenze particolari come il promotore SV40. I risultati mostrano che nei vaccini Comirnaty il DNA totale variava tra 371 e 1.548 ng per dose, con DNA plasmidico specifico tra 0,22 e 7,28 ng per dose e sequenze SV40 rilevate tra 0,25 e 23,72 ng per dose. Nei vaccini Spikevax il DNA totale era compreso tra 1.130 e 6.280 ng per dose, con DNA plasmidico specifico tra 0,01 e 0,78 ng per dose e nessuna sequenza SV40 rilevata.
La presenza di minuscole quantità di DNA residuo nei vaccini mRNA è un fatto noto agli scienziati. Derivano dall’uso di plasmidi di DNA batterico durante la produzione dell’mRNA, un passaggio comune nelle biotecnologie moderne. Come spiegato in passato dal dottor Peter Marks, direttore del Center for Biologics Evaluation and Research della FDA, l’mRNA viene poi purificato con diversi metodi per eliminare il materiale superfluo, incluso il DNA. Le quantità che possono rimanere sono estremamente ridotte e conformi alle linee guida di sicurezza.
Gli scienziati che hanno analizzato la questione hanno chiarito perché i frammenti plasmidici non costituiscono un rischio. Una volta entrati nelle cellule, non hanno alcuna possibilità di sopravvivere a lungo: il citoplasma possiede enzimi e meccanismi innati che distruggono il DNA estraneo. Per arrivare a integrarsi nel genoma, dovrebbero attraversare la membrana del nucleo, cosa che non possono fare in assenza di segnali specifici. Anche ammesso che ci riuscissero, mancano dell’enzima necessario (l’integrasi) per tagliare e inserire il proprio codice nel DNA umano. Come ha sottolineato Paul Offit, esperto di vaccini del Children’s Hospital di Philadelphia, è praticamente impossibile che tali frammenti causino danni. Lo studio ha attirato attenzione anche perché in alcune fiale è stato rilevato un frammento plasmidico contenente una sequenza proveniente dal virus SV40. Alcuni hanno ipotizzato che questo potesse facilitare un’integrazione nel genoma. Ma, come ha spiegato la biologa Kristine Dye della Stetson University, si tratta solo di un piccolo frammento di DNA, privo delle capacità di un virus completo. Anche in questo caso, il destino di tali frammenti è la rapida distruzione nel citoplasma, senza alcuna possibilità di penetrare nel nucleo e alterare il DNA umano. Una spiegazione dettagliata la trovate qui. Inoltre, i test preclinici e clinici non hanno mai mostrato segni di genotossicità, né i dati derivanti da centinaia di milioni di vaccinazioni hanno evidenziato anomalie di questo tipo. Le conclusioni degli esperti restano quindi chiare: le tracce di DNA plasmidico presenti nei vaccini mRNA non sono in grado di danneggiare il genoma umano.
Presentare lo studio di Speicher et al. come una “bomba” contro la sicurezza dei vaccini mRNA è fuorviante. La presenza di tracce di DNA plasmidico è un fenomeno noto e atteso, che non comporta rischi di mutazioni o tumori. Gli esperti lo hanno chiarito che quei frammenti non hanno i mezzi per integrarsi nel genoma umano e vengono rapidamente distrutti dal nostro organismo.
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