È una delle citazioni più celebri della storia, simbolo universale del tradimento: «Tu quoque, Brute, fili mi!».
Secondo l’immaginario collettivo, Giulio Cesare avrebbe pronunciato queste parole nel momento in cui riconobbe Marco Giunio Bruto tra i suoi assassini.
Ma la storia, quella vera, racconta tutt’altro.
Le fonti più autorevoli dell’epoca, Svetonio e Cassio Dione, non riportano affatto la celebre esclamazione.
Svetonio, nella “Vita di Cesare”, afferma che il dittatore morì “emettendo un solo gemito al primo colpo, senza una parola”.
Un’altra versione riporta che Cesare avrebbe detto a Bruto “anche tu, figlio?”, in modo più simile a quello della frase famosa, seppur decisamente meno altisonante e ricordabile.
In ogni caso, c’è però un particolare importante da sottolineare: se anche Cesare disse qualcosa, lo fece probabilmente in greco, la lingua d’élite dell’epoca.
Che abbia pronunciato una frase in latino, per di più in modo così teatrale, è quindi altamente improbabile.
La verità è che non conosciamo l’origine precisa del celebre «Tu quoque, Brute».
Non compare nelle fonti antiche, non è attestata nei secoli successivi e non esiste un momento documentato in cui la frase entra davvero nella tradizione.
È possibile che sia stata introdotta molto più tardi, forse in epoca moderna, come abbellimento letterario o drammatizzazione teatrale.
Quel che è certo è che la frase ha avuto un successo enorme: oggi la usiamo per commentare tradimenti, colpi bassi e sorprese amare, spesso in tono ironico.
Il caso ricorda da vicino altri celebri fraintendimenti culturali, e potrebbe essere un esempio di “Effetto Mandela”, quel fenomeno particolare che si verifica quando la collettività condivide il ricordo di un evento che in realtà non è mai accaduto o è diverso da come viene ricordato, riempendo i vuoti mnemonici con storie plausibili.
Il nome deriva dal caso emblematico di molte persone che ricordavano la morte di Nelson Mandela negli anni ’80, quando in realtà morì nel 2013.
Uno dei più noti riguarda Biancaneve: la regina non dice “Specchio, specchio delle mie brame”, ma “Specchio servo delle mie brame”.
Eppure quasi tutti ricordano la versione sbagliata.
Allo stesso modo, milioni di persone sono convinte che Cesare abbia davvero pronunciato «Tu quoque, Brute», nonostante non lo abbia mai fatto.
In conclusione possiamo dire che la forza del mito, a volte, supera quella dei documenti.
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