Sta tornando una vecchia bufala, che in realtà nasce da una storia totalmente decontestualizzata, visto che in questi giorni su WhatsApp è tornata ad essere calda la storia del referendum di iniziativa popolare sulla legittima difesa della casa e dei beni. In pratica, si richiama una vecchia iniziativa di Italia dei valori, con una scadenza fissata a metà maggio, tramite la quale qualsiasi cittadino avrebbe in teoria la possibilità di avviare una discussione in Parlamento per la tanto discussa legge.
Per quale motivo vogliamo nuovamente evidenziare che non abbia senso alimentare la catena WhatsApp, in questi giorni impostata sul fantomatico referendum di iniziativa popolare sulla legittima difesa della casa? In primo luogo, c’è una questione temporale da prendere in esame. Come si nota attraverso l’annuncio originale, si parla in realtà di maggio 2016. Insomma, sono trascorsi ormai sette anni e da allora il quadro normativo dell’intera vicenda è cambiato in modo significativo per gli italiani.
Basti pensare a quanto vi abbiamo riportato a suo tempo con un altro articolo sul nostro sito, in quanto una proposta di legge di iniziativa popolare non impegna il Parlamento alla discussione della stessa. Dunque, quella presa in esame oggi è una catena che di tanto in tanto fa la sua apparizione sui nostri smartphone, come se notizie del genere possano girare su WhatsApp senza un’adeguata campagna di comunicazione alle proprie spalle.
Al di là dei riferimenti temporali, comunque decisivi nella nostra discussione di oggi, è chiaro che nel 2023 lo scenario che viene fuori dal messaggio WhatsApp sul referendum di iniziativa popolare sulla legittima difesa della casa sia fine a sé stesso. Non ci sono le basi, come accennato in precedenza, per portare avanti un discorso del genere in Parlamento con gli scenari odierni.
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