L’abbattimento, anzi la decostruzione del Pont des Trous è un evento indubbiamente controverso, traumatico e assai discusso.
Nel quale però è necessario porre un po’ d’ordine.
Ci segnalano i nostri contatti un post al riguardo
Ma partiamo dalle basi
Il Pont des Trous, Patrimonio culturale della Vallonia, reliquia del XIIImo secolo in realtà tecnicamente non è sopravvissuto al giorno d’oggi ancora prima del suo abbattimento.
Il Pont des Trous faceva parte della seconda cinta muraria della città di Tournai, parte diu na serie di strutture difensive di età medioevale, e distrutto a colpi di dinamite durante la Seconda Guerra Mondiale, lasciando inalterate ed intatte solo due componenti. Le due torri, la torre Bourdiel del 1281 e la Thulerie del 1302.
Succede che l’attuale amministrazione, al termine di un lungo processo durato anni di tira e molla politici e amministrativi ha deciso per la decostruzione, termine soft per l’abbattimento e il riassemblaggio del ponte in una nuova forma, necessaria per collegare la Senna e lo Sheldt consentendo il passaggio di navi fino a 2.000T.
Un enorme problema fu creato dal fatto che nel 2016 fu approvato un primo progetto nel quale alla decostruzione non sarebbe seguita la ricostruzione, bensì l’edificazione di un nuovo ponte, progettato dall’architetto Olivier Bastin, definito minimalista e contemporaneo.
La nuova struttura sarebbe stata senz’altro difforme dallo stile originario, presentando tre arcate leggere e prive di fronzoli, derisivamente descritte dal pubblico come un’imitazione del logo di McDonalds
Una petizione da oltre 20.000 firme e l’intervento del competente ministero hanno comunque portato all’abbandono del progetto iniziale.
Il Pont des Trous sarà ricostruito esattamente come era, solamente ancora più alto e con la campata centrale allargata per consentire il transito dei mezzi attuali.
La distruzione, o meglio la decostruzione è stata accolta da una sorta di veglia, in cui la folla si è assiepata intorno al ponte, ed un suono di violini ha accompagnato l’opera di un braccio meccanico.
Teoricamente, l’operazione dovrebbe risultare affine a quanto avvenuto, per esempio, in Egitto ad Abu Simbel, dove i complessi funerari furono spostati e ricostruiti, usando gli stessi materiali rimessi marmo su marmo, a distanza di sicurezza.
Perplessità derivano dal fatto che la folla dichiara di aver visto mattoni e parti del ponte gotico cadere nel fiume sottostante, obiettando quindi sulla possibilità di una piena ricostruzione.
In conclusione, possiamo affermare che la gestione del Pont des Trous avrebbe meritato migliori attenzioni e sorte. Possiamo però evitare inutili parallelismi tra il rogo di Notre Dame, la decostruzione del ponte ed una pretesa “rinuncia alle radici cristiane”.
Vieppiù, contando che tecnicamente, dal punto di vista architettonico, il Pont des Trous non è davvero sopravvissuto alla seconda guerra mondiale.
E, come insegna l’esperienza di Abu Simbel, recuperando i materiali potrà ancora essere ripristinato.
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