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Rodney Alcala: il serial killer al “Gioco delle Coppie”

Esiste il concetto di “nascosto in piena vista”. Edgar Allan Poe ci ha scritto un’intera storia poliziesca, “La Lettera Rubata”, basata sulla ricerca di un dispaccio contenente informazioni compromettenti e ricattatorie, nascosto da un astuto malfattore, un Ministro in un luogo segretissimo rivelatosi essere il portacarte nel suo ufficio, con la lettera rubata lasciata lì tra la corrispondenza di nessuna importanza.

Rodney Alcala: il serial killer al “Gioco delle Coppie”

Rodney Alcala, reo confesso di sette omicidi e accusato di un ulteriore numero compreso tra i 50 e i 130 ha elevato tale concetto a forma d’arte: sebbene i suoi sette omicidi confessi fossero stati compiuti tra il 1971 e il 1979, Alcala trovò il tempo di partecipare alla versione americana del “Gioco delle Coppie”, riuscendo peraltro a vincerlo (anche se come vedremo la partner si dimostrò molto più assennata dell’intero gruppo di inquirenti statunitensi rifiutando di uscire col bizzarro vincitore).

Rodney Alcala: il serial killer al “Gioco delle Coppie”

Rodrigo Jacques Alcala Buquor, classe 1943, per gli amici Rodney Alcala, oltre a dei baffoni davvero ragguardevoli nella sua foto segnaletica, aveva una serie di tratti comuni ad ogni serial killer.

Un’infanzia ed una adolescenza “al di sopra di ogni sospetto”, dato che il serial killer medio non arriva con la targhetta delle avvertenze cucita al sedere, dove Alcala, figlio di madre separata e due sorelle, era descritto come uno studente brillante e ben inserito.

Solo nel 1961, quando il 17enne Alcala cercherà di entrare nell’esercito, qualcuno noterà qualcosa di bizzarro nella sua mente: nel corso del suo breve servizio fu descritto come un insubordinao violento e vendicativo, un manipolatore più volte sanzionato per aver aggredito giovani donne e che attribuì ad un esaurimento nervoso l’essere fuggito dalla base per tornarsene comodamente a casa dalla mamma.

Alcala fu quindi riformato e diagnosticato con una serie di disturbi mentali compatibili con la sua futura carriera criminale: cosa che non gli impedì di studiare Belle Arti tra gli allievi di Roman Polanski.

Nel 1968 si rese colpevole dello stupro e del tentato omicidio di una bambina di otto anni, presa a sprangate: in latitanza lavorò come consigliere in una scuola d’arte per bambini e nell’ufficio di una compagnia di assicurazioni sanitarie col collega serial killer Richard Cottingham (compagnia che probabilmente avrebbe dovuto rivedere i suoi standard).

Alcala cominciò la sua carriera di serial killer, riuscendo ad evitare le accuse che l’avrebbero mandato all’ergastolo e alla pena di morte e riceverne solo di minori. Anche a causa del rifiuto dei genitori della bambina di otto anni sua prima vittima di lasciarla testimoniare, Alcala non fu condannato per stupro e tentato omicidio ma per molestie su minori e condannato a tre anni.

Fu implicato nell’omicidio di una donna di 23 anni, ma nonostante una lunga serie di prove indiziarie (compreso un diario che segnava un appuntamento con Alcala, o meglio uno dei suoi pseudonimi nei giorni della sua scomparsa) l’assenza del ritrovamento del corpo ostacolò le indagini.

Dentro e fuori dalle prigioni, Alcala usava come mezzo per approcciare le vittime la sua attività di fotografo, promettendo alle sue vittime foto per un fantomatico “portfolio di moda”, descrivendosi come un professionista.

La sua apparizione televisiva

L’agenda personale di Alcala, tra la sua presunta attività di fotografo, i suoi molti impegni lavorativi e giudiziari non gli impedì di partecipare alla versione americana del Gioco delle Coppie, presentandosi come “un fotografo dagli svariati hobby”, ma omettendo l’omicidio e la violenza sessuale dagli stessi.

Alcala fu descritto dagli altri partecipanti come una persona “assai inquietante”, che però sotto l’occhio vigile della telecamera si trasformava in un brillante showman simpatico al pubblico per le sue battute estrose e un po’ piccanti.

Compatibilmente coi risultati delle analisi psicologiche e psichiatriche su di lui, e lasciando seri dubbi sulla sua partecipazione al Dating Game, esistevano sostanzialmente due Alcala: l’Alcala gigione e un po’ galletto, il simpatico buffone che attraeva il pubblico e le partecipanti col suo umorismo (va ammesso) datato e sessista ma compatibile con gli anni ’70 e l’Alcala serial killer psicopatico che trattava gli altri partecipanti con freddezza considerandoli nemici che gli impedivano di raggiungere il “premio finale” della vittoria.

Alcala riuscì contemporaneamente a vincere e perdere: la natura “brillante” esibita sotto i riflettori gli consentì di trionfare sugli altri partecipanti ed essere notato dalla partecipante al gioco televisivo, che lo incoronò vincitore, salvo poi rifiutarsi di perseguire ogni relazione romantica con lui percependo in Alcala la stessa natura repulsiva, violenta e inquietante che tutti gli altri avevano percepito.

Secondo Pat Brown, analista criminale, la “vittoria-sconfitta” di Alcala fu uno dei fattori che lo portò alla prosecuzione della sua attività criminale: in quanto psicopatico Alcala non poteva sopportare il concetto di sconfitta, sia pure autoinfilittasi, diciamolo, per essere stato un repellente predatore sessuale omicida e odioso.

Dal punto di vista di Alcala descritto da Brown, ovviamente non poteva essere colpa sua: lui aveva “vinto il gioco”, lui meritava di usire con la vincitrice e se lei l’aveva rifiutato era perché “stava facendo la preziosa”.

Il seguito

Le attività di Alcala continuarono almeno fino al 1980, e dopo una travagliatissima storia processuale Alcala finì la sua vita a 77 anni nel Carcere di San Quintino, morendo di morte naturale sottraendosi alla pena di morte.

Fino alla confessione finale Alcala continuò ad opporsi agli addebiti, arrivando a denunciare il sistema giudiziario su basi frivole come la mancanza di una dieta adeguata con ridotto colesterolo.

Si lascerà dietro migliaia di foto sessualmente esplicite, ottenute durante la sua attività di “fotografo”, probabilmente legate alla sua attività.

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