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“Perché in tutte le foto degli arrestati le manette sono nascoste?”

Talora ci si imbatte in immagini di persone arrestate, e le foto in manette sono nascoste. Le manette vengono pixellate per una buona ragione, e anzi, è opinione come vedremo del Garante Privacy e della norma di legge che non è neppure sufficiente pixellare i polsi di un soggetto.

E il motivo è semplice: arrestare qualcuno non è una scusa per privarlo della dignità.

Le gogne pubbliche fanno parte di momenti della storia umana che abbiamo superato.

“Perché in tutte le foto degli arrestati le manette sono nascoste?”

A partire dal 1999, l’articolo 114 del Codice di Procedura Penale vieta, tra l’altro, la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta.

Il motivo, talora non rispettato in taluni casi, è evidente: un soggetto arrestato non è automaticamente un soggetto colpevole (vedi caso Enzo Tortora, in cui le foto del noto giornalista ammanettato fecero il giro dei giornali e la sua reputazione fu trascinata nel fango anche dopo la sua assoluzione) e in ogni caso una pena irrogata non può mai e poi mai violare i diritti basilari e la dignità umana.

“Perché in tutte le foto degli arrestati le manette sono nascoste?”

Esibire “l’ammanettato” come un sordido feticcio alla stampa non ha alcuno scopo utile se no titillare l’attezione del lettore evocando scenari da gogna.

Si è quindi passati dall’esibizione dell’ammanettato sui giornali alla censura delle manette.

Un passo successivo fu dato dall’applicazione del Codice Deontologico dei Giornalisti, aggiornato al 1998 (che quindi vide contemporaneamente alla riforma del CPP applicazione), laddove all’articolo 8 specificava che le persone in stato detentivo non dovevano essere fotografate a meno di “rilevanti motivi di interesse pubblico” e il comma 3 specificava che “Le persone non possono essere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo che ciò sia necessario per segnalare abusi.”

Il combinato disposto della norma imperativa di diritto e della deontologia quindi portarono alla limitazione dell’ostensione delle foto dell’arrestato.

Il parere del Garante

Ma non era sufficiente: il Garante Privacy intervenì nel 2021 per precisare che

Non basta pixelare le manette ai polsi di un fermato se il soggetto ripreso risulta identificabile, la tutela della persona deve essere effettiva

Sostanzialmente il Garante intervenne perché fosse ritenuta giustiziabile, e quindi sanzionabile una delle condotte più ipocrite del giornalismo.

Se è vietato esibire l’ammanettato come soggetto “da gogna e forca” agli appetiti del pubblico pagante, pubblicarne una foto con la foglia di fico dei polsi pixellati ma l’intera foto riconoscibile come la foto di un arresto era un atto formalmente corretto ma sostanzialmente scorretto.

Un modo “furbetto e all’italiana” di violare una norma senza violarla: se lo scopo della censura era non umiliare il soggetto arrestato esibendolo come un arrestato, scegliere una foto in cui era chiarissimo che sotto la censura non potevano esserci altro che manette era solo un modo per potenziare la portata dell’immagine.

Un po’ come negli hentai, i fumetti erotici Giapponesi, è tecnicamente vietato mostrare genitali non censurati, ma la scena di sesso piena di censure acquisisce in quanto tale un fascino lubrico e proibito.

Un paio di polsi censurati quindi non proteggono la dignità, ma aggiungono un’aura di sordido e proibito che sarebbe meglio evitare.

Ricordando che l’arrestato è pur sempre un essere umano.

Ovviamente, la foto di copertina è creata con AI, proprio per non usare esempi nella cronaca di foto che, deontologicamente e per basilare rispetto umano, non dovrebbero esistere.

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