Crime Facts

Paul Martin Andrews, il “ragazzo nel box”: quando i furgoni rapiscono veramente i minori

Oggi Paul Martin Andrews è un attivista e si batte affinché vengano inasprite le pene detentive contro stupratori e pedofili. Egli stesso, infatti, alla tenera età di 13 anni fu vittima di un sequestro durante il quale rimase imprigionato in un box sotterraneo per sette lunghi giorni dal suo aguzzino, che abusò ripetutamente di lui.

Il rapimento di Paul Martin Andrews

Portsmouth, Virginia. L’11 gennaio 1973 Paul, allora 13enne, stava andando a comprare il latte per i suoi fratelli minori a pochi isolati da casa. Quel giorno le strade erano ricoperte di ghiaccio a seguito di una nevicata che aveva tenuto chiuse le scuole. Quando si trovava a tre isolati dalla sua abitazione, Paul si accorse che un furgone blu lo stava seguendo. L’uomo al volante, un signore dall’aspetto e dai modi di fare rassicuranti, lo avvicinò e gli propose di aiutarlo a sistemare dei mobili in cambio di denaro.

Come lo stesso Paul avrebbe raccontato nel 2003 al magazine The Hook, lo sconosciuto si presentò come PeeWee. In quel tempo il 13enne sentiva già un certo bisogno di emanciparsi, per questo aveva già fatto esperienza come paper boy, consegnando i quotidiani a domicilio. L’offerta di denaro del sedicente PeeWee lo convinse a salire sul van per accettare la proposta.

Il piano era dirigersi presso l’abitazione del fratello di PeeWee, dove insieme avrebbero svolto il lavoro. “Mentre ci dirigevamo verso l’interstatale mi preoccupai un po’, avrebbe raccontato qualche anno più tardi Paul. All’interno del van, infatti, il 13enne notò un lungo coltello e la preoccupazione crebbe una volta che i due si allontanarono troppo da Portsmouth. Ad un certo punto PeeWee si fermò nei pressi di un negozio per acquistare delle provviste. Paul, preso da più di un sospetto, pensò di abbandonare il furgone e fuggire ma la paura per quel territorio sconosciuto, per la reazione dei genitori – era comunque un 13enne che si era fidato di uno sconosciuto che lo aveva condotto lontano da casa – e dello stesso PeeWee lo fecero desistere.

Lo sconosciuto lasciò il negozio e insieme ripresero il viaggio, durante il quale PeeWee fece tante domande al piccolo Paul. Improvvisamente il van si arrestò in una strada sterrata per la presenza di una catena che impediva il transito. Più tardi emerse che i due si trovavano presso la palude di Dismal Swamp. PeeWee raccontò a Paul che per quella catena serviva una chiave che sarebbero andati a recuperare a piedi. In più, a circa 20 metri c’era la scatola, il box dentro il quale il presunto fratello di PeeWee era solito rifugiarsi quando andava a caccia di cervi. I due avrebbero dovuto trasportare le provviste in quel box, per poi proseguire verso la casa del fratello.

A quel punto Paul si inquietò, ma i modi di quell’uomo lo rendevano ancora insospettabile. I due raggiunsero il box in mezzo la bosco e PeeWee convinse il ragazzino ad entrare insieme a lui in quella costruzione interrata. Il 13enne lo assecondò e così iniziò il suo inferno. “Ho brutte notizie per te, sei stato rapito. Paul tentò subito di reagire, ponendosi in una posizione di guardia e minacciando il suo aguzzino: “Ho fatto un corso di autodifesa, se provi a toccarmi posso farti male”. PeeWee lo tradì dicendogli che lo avrebbe liberato nel pomeriggio, e per qualche secondo Paul si convinse. Il rapitore, quindi, lo costrinse a denudarsi e a voltarsi, dunque lo cosparse di vasellina e abusò ripetutamente di lui.

Come lo stesso Paul avrebbe raccontato nel 2002, per l’intera settimana di prigionia in quell’antro nascosto sotto il terreno, PeeWee lo violentò per almeno 4 volte al giorno. Quando l’aguzzino si allontanava, il 13enne veniva legato per scongiurare una fuga. Talvolta PeeWee gli concedeva di uscire allo scoperto per cucinare qualcosa e mangiare insieme.

La fine dell’incubo

Sette giorni dopo Paul, rimasto da solo nel box, sentì il suono del motore di un camion fermarsi a poca distanza. Per quel poco che poteva iniziò ad urlare e ad imprecare, fino a fare lievemente capolino con la testa sulla superficie del terreno. Il 13enne vide quattro uomini, uno dei quali gli puntò il fucile. “Vieni fuori di lì!”, urlò l’uomo che non poteva immaginare cosa fosse successo al ragazzo. “Non posso, sono stato rapito!”, rispose Paul. I cacciatori chiamarono la polizia. Gli agenti arrivarono, scattarono delle foto e liberarono il ragazzino.

PeeWee era il soprannome di Richard Ausley, uno stupratore seriale di bambini. Nel giorno del rapimento di Paul, Richard era convocato in tribunale per rispondere del reato di abusi sessuali su un bambino. Il 13enne riportava lividi ed escoriazioni in tutto il corpo, un dente e il naso rotti e un grave stato di shock. Pochi giorni dopo il ritrovamento di Paul, Richard fu arrestato.

L’attivismo e l’impegno civile

Paul, oggi esperto informatico, tenne nascosta quella storia fino all’aprile 2002, quando un giornalista gli telefonò per comunicargli che il suo rapitore e stupratore, Richard “PeeWee” Ausley, avrebbe lasciato il carcere di lì a poco. Paul decise che Richard non sarebbe tornato in libertà per continuare a stuprare i minori, quindi si attivò da subito per impedirlo.

Per questo Paul si impegnò per applicare sul suo stupratore il civil confinement, traducibile in italiano come reclusione civile o confinamento civile. Tale provvedimento prevede la reclusione di un condannato per abusi sessuali all’interno di una struttura psichiatrica al termine del suo periodo di detenzione.

L’istanza di Paul fu accolta e la pena di Ausley fu estesa per altri cinque anni. Nel 2004 Richard “PeeWee” Ausley morì strangolato all’interno della prigione di Waverly.

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