Il Caso

Operazione rinviata per sciopero: la replica di SIAARTI

Avrete già letto le notizie relative: il 22 una paziente ricoverata ad Ascoli per la rimozione di un carcinoma al seno ha subito un rinvio di una settimana, operazione rinviata per sciopero perché in quelle ore l’anestetista partecipava alla manifestazione per Gaza.

Operazione rinviata per sciopero: la replica di SIAARTI

Siamo di fronte ovviamente ad una importante questione umana, che di titolo in titolo è diventata un caso mediatico nel quale l’anestesista è diventato oggetto di sdegno e rancori.

Ma le cose non sono sempre così semplici: complessità e semplicità sono parole che sovente un certo tipo di giornalismo ha svuotato di senso, e diventa necessario ascoltare le parole di SIAARTI, la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva

Il comunicato di SIAARTI

«Comprendiamo profondamente lo sconforto della paziente e sappiamo quanto un rinvio possa essere destabilizzante in un percorso oncologico», dichiara la presidente Elena Bignami. «Al tempo stesso non è accettabile trasformare l’anestesista in un capro espiatorio: lo sciopero è un diritto costituzionale e chi vi aderisce lo comunica a inizio turno, come previsto dalle regole. La vicenda deve semmai far riflettere la politica sul ruolo cruciale degli anestesisti-rianimatori: senza di loro non si opera. Ogni giorno dobbiamo gestire defezioni dell’ultimo minuto (malattie, problemi coi figli, ecc.), eppure noi anestesisti assicuriamo sempre gli interventi di classe A e B. Un anestesista non fa saltare gli interventi, mentre uno stato in guerra fa saltare gli ospedali».

Sul tema interviene anche la dott.ssa Elisabetta Cerutti, Direttore della Struttura complessa Anestesia e Rianimazione dei Trapianti e Chirurgia Maggiore dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche: «Esprimo innanzitutto vicinanza alla paziente e ne comprendo appieno lo sconforto. Proprio per questo, la signora è stata tutelata, dandole la possibilità di effettuare l’intervento in tempi brevissimi, senza alcun impatto sulla prognosi». Cerutti sottolinea che la riorganizzazione delle attività operatorie in caso di sciopero coinvolge non soltanto i medici anestesisti, ma anche altre figure professionali e le direzioni sanitarie: «Come già sottolineato dal Direttore Sanitario della nostra Azienda – spiega – in alcuni casi non è possibile garantire una risposta immediata in quanto viene data priorità agli interventi urgenti. Gli interventi di chirurgia elettiva non effettuati vengono comunque recuperati nell’arco di pochi giorni». La sua riflessione riguarda anche il senso profondo dell’adesione a una giornata di protesta. «L’adesione a uno sciopero non è una scelta che viene effettuata in modo irresponsabile – precisa Cerutti – poiché si è consapevoli dei disservizi che questo provoca, in tutti gli ambiti e in particolare in quello medico. In questo caso, i medici e gli infermieri che hanno aderito, ai quali è stato decurtato lo stipendio per la giornata non lavorata, non lo hanno fatto per un interesse personale o di categoria, per rivendicare un diritto o un aumento salariale, ma con uno scopo umanitario molto più alto. Lo hanno fatto a difesa di un popolo che viene massacrato, dei medici uccisi e imprigionati, del personale sanitario e delle loro famiglie annientate, contro la sistematica distruzione degli ospedali e la morte per fame e per assenza di cure sanitarie di migliaia di persone».

Cerutti ricorda inoltre che: «Lo sciopero è sempre la conseguenza di una mancata risposta da parte delle istituzioni, è l’ultima forma di protesta a cui si ricorre quando non si viene ascoltati. E sulla catastrofica situazione della Striscia di Gaza gran parte del nostro Paese finora non è stato ascoltato».

La presidente Bignami conclude: «Proprio perché conosciamo la fragilità e il peso emotivo di un percorso oncologico, non riteniamo utile strumentalizzare la disperazione di una paziente per delegittimare chi ha esercitato un diritto costituzionale. Proprio non si può scherzare con la salute delle persone, pensiamo che l’impegno delle istituzioni dovrebbe concentrarsi sulla tutela del lavoro e del benessere fisico e mentale degli anestesisti-rianimatori, e sul rendere nuovamente attrattiva una professione che percentualmente sempre meno giovani medici scelgono come specializzazione. Perché senza anestesisti non si opera».

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