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NOTIZIA VERA “Caro stato invece di ammazzarmi smetto di pagare le tasse, lo prevede la costituzione”

Ci segnalano questo articolo pubblicato da Newsitalys il 22 Settembre 2016:

Lettera allo stato da un imprenditore sul lastrico”Non mi ammazzo,smetto di pagare le tasse,non voglio più mantenervi,lo prevede la costituzione”.Ecco gli articoli cel codice penale e della costituzione sui quali l’imprenditore fa appello.

Ecco di seguito la lettera integrale:
“Mi chiamo Barresi Giuseppe, lavoratore e prima ancora padre e nonno di famiglia, dichiaro apertamente di non riuscire più a pagare, con i miei incassi, tutte quelle tasse che lo Stato mi chiede. Mi appello ai principi dello stato di necessità e della capacità contributiva proporzionale al proprio reddito, stabiliti rispettivamente dagli Art. 54 c.p. e 53 Cost. per legittimare il mio rifiuto categorico di continuare a contribuire, attraverso le tasse, alle spese per il mantenimento dei privilegi della classe politica che ci governa, vera protagonista di questa crisi economica.
Con le loro scelte hanno mantenuto uno Stato parassitario, e scaricato le proprie responsabilità verso le categorie più deboli, in particolare piccoli commercianti e artigiani. Tassa dopo tassa ci hanno portato allo stremo e oltre, spesso inducendoci a pensare seriamente al suicidio. E questa è l’accusa maggiore che faccio ai nostri governanti: induzione al Suicidio. In questi anni ho cercato di pagare le bollette, che sono quadruplicate, ho cercato di pagare le tasse comunque quadruplicate, ho cercato di mantenere in vita la mia attività portando al minimo i costi di gestione e riducendo le mie entrate, perché costretto ad abbassare i prezzi (nonostante l’Iva) per mantenere la clientela.

Di conseguenza ribadisco apertamente di non poter più pagare ulteriori tasse: non sono un delinquente, non sono un ladro e non voglio essere un evasore, ma davanti a una politica che continua insensatamente a mantenere privilegi e costi sproporzionati, vergognosi e irrispettosi nei confronti di tutti i lavoratori di questo paese, inizio questa protesta economica appellandomi ai due sopracitati principi: Art. 54 co.1 del Codice penale: stato di necessità. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Il vertiginoso e incontrollato aumento delle tasse ha prodotto un danno grave e attuale alla mia famiglia mettendo in pericolo soprattutto il futuro dei miei figli e nipoti.
Art.53 co.1 della Costituzione italiana: tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Io non incasso abbastanza per pagare tutte queste tasse e se non incasso abbastanza vuol dire che c’è qualcosa nei conti dello Stato che non funziona e quindi essendo cittadino italiano esigo che lo Stato si faccia garante della mia condizione familiare.”

Come afferma l’articolo, l’autore della lettera è Giuseppe Barresi, detto Pippo, barista, che vive a Scordia (CT). L’hashtag #IOnonMIammazzo chiude la missiva e diventa ufficialmente lo slogan della sua battaglia. Ha parlato di lui anche Il Fatto Quotidiano in un articolo del 3 Gennaio 2015, in cui l’esercente descrive lo Stato come una belva feroce che minaccia la sua famiglia. Nel suo profilo Facebook ha riportato la stessa lettera in un post del 14 Dicembre 2014:

Per dovere di cronaca, vi riportiamo i due articoli citati dal commerciante:

Art. 54 c.p. – Stato di necessità 

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Art. 53 Cost. 

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Notizia vera, dunque.

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