Approfondimento

Mike Pence non esclude più un ricorso al 25° emendamento come soluzione estrema

“Mike Pence non esclude più un ricorso al 25° emendamento” è la notizia del giorno.

Sappiamo bene che Mike Pence, Vice Presidente degli USA, in passato si era dichiarato scettico riguardo alla soluzione “nucleare” alla crisi.

Sappiamo dalla CNN che Pence semplicemente non ha dato risposta o seguito alla proposta di Nancy Pelosi di procedere con l’esautoramento dalle funzioni del Presidente degli USA, per poi schierarsi pubblicamente su una linea morbida di pacificazione nazionale.

Ma il sette Gennaio è ormai lontano anni luce.

Le premesse del cambio di rotta

In soli quattro giorni dal 6 Gennaio Trump è riuscito nell’opera di distruggere ogni sua credibilità.

Le ondivaghe e quasi cerchiobottistiche dichiarazioni social, dove a messaggi di condanna venivano alternate blandizie verso i “Patrioti” sono costati a Trump una lunga banwave che a cominciare da Facebook, passando per Twitter e persino per per tutti i social “minori” che chiedono app scaricabili su cellulari per funzionare in modo agevole.

Provvedimenti che hanno tutti quanti un minimo comun denominatore espresso nei comunicati relativi: la fiducia nelle azioni di Trump è al minimo storico, e Trump è ormai considerato un soggetto imprevedibile potenzialmente in grado di decidere di non onorare le sue promesse di pacificazione nazionale per soffiare sul fuoco di nuove, sanguinose proteste.

Pence stesso ha subito in prima persona gli effetti di una tale condotta.

La testimonianza di Jim Inhofe, senatore dell’Oklahoma restituisce un Pence sconvolto dalle azioni di un Trump che prima ha richiesto ripetutamente il suo intervento per forzare un riconteggio dei voti e poi l’ha coinvolto nella narrativa del “voto rubato”, facendone un capro espiatorio e un oggetto di odio per i QAnon.

QAnon che, come abbiamo visto, dopo la concreta invasione violenta del Congresso con gente che urlava chiedendo la testa di Pence, e dopo la morte di Ashly Babbit, partita per il Congresso col dichiarato intento di cercare Pence e farlo condannare per tradimento coi suoi “amici” Patrioti, si sono infine dedicati alla solita creazione di memes grottescamente diffamatori (o meglio, che tentano ridicolmente di esserlo) contro Pence.

Il tutto, con l’ufficio del Vice Presidente che conferma malumori per il fatto che, tra un Tweet di condanna per le violenze ed un Tweet di blandizia per i “Patrioti” nessuno di loro abbia ricevuto da Trump richieste di informazioni sullo stato del suo Vice Presidente minacciato dai facinorosi.

I QAnon amano parlare de la “Tempesta” come il prologo del Declas, il mitico giorno in cui Trump e il Patriota Q marceranno sul Mondo deportando, uccidendo e massacrando brutalmente tutti i loro nemici per instaurare una dittatura mondiale Trumpista.

Ma la vera “Tempesta perfetta” è quella che in questi giorni è stata scatenata con lo strappo voluto da Trump stesso verso l'”Old Party”, lo zoccolo duro e tradizionale del Partito Repubblicano incarnato da Mike Pence.

Old Party che non ci sta più a farsi prendere ostaggio da facinorosi e QAnon e considera ormai il tycoon un corpo estraneo da rimuovere.

La “Tempesta perfetta” si è inoltre rinforzata con le ondivaghe dichiarazioni di Trump e le continue azioni dei QAnon, che ancora sognano insurrezioni e cercano di darsi appuntamento su social che non vogliono più la loro sgradita presenza.

Mike Pence non esclude più un ricorso al 25° emendamento come soluzione estrema

Mike Pence abbiamo visto in questi giorni si è più volte surrogato a quello che il Presidente avrebbe dovuto fare: si è attivato per convocare la Guardia Nazionale contro l’insurrezione di QAnon, ha dichiarato che nel caso il rifiuto di Trump di presenziare all’insediamento di Biden continui sarà lui con la sua consorte a fare gli onori di casa presenziando all’insediamento di Biden e fornendo la richiesta continuità.

Ed ora, nel caso l’instabilità politica di Trump prosegua, Mike Pence non esclude più un ricorso al 25° emendamento.

Provvedimento che, come abbiamo visto ed esaminato, comporta un commissariamento di fatto di Trump fino alla fine del suo mandato.

Di fatto, e vi rimandiamo al nostro precedente articolo per dettagli, il Presidente esautorato avrebbe la possibilità di adire un procedimento che, in 21 giorni, gli renderebbe i pieni poteri e la dignità presidenziale.

Ma con l’insediamento di Biden il 20 Gennaio, Trump non avrebbe 21 giorni da attendere, e il suo mandato finirebbe nell’infamia di un commissariamento.

E non sarebbe il peggior problema per Trump

Ed anche quella che Pence prospetta come una soluzione dura, sarebbe in realtà la più morbida delle soluzioni possibili.

Qualora infatti la mozione Democratica, appoggiata da Pelosi e che si cerca di discutere nel corso della prossima settimana riuscisse a manifestarsi, con la richiesta di Impeachment per Trump, di fatto la carriera politica di Trump subirebbe non solo una prolungata battuta di arresto, ma la sua definitiva fine.

Un procedimento per Impeachment comporterebbe l’ineggibilità futura per il Tycoon, rendendo un suo secondo mandato nel 2024 tecnicamente impossibile e marchiandolo ulteriormente come quantomeno mandante morale delle insurrezioni al Congresso.

Non a caso sono gli stessi Repubblicani ormai a chiedere che Trump si dimetta prima dell’Impeachment o dell’esautorazione di fatto.

Colpa che, anche dal punto di vista sociale ed economico, difficilmente il popolo Americano gli perdonerebbe.

Una bozza di richiesta di Impeachment di 4 pagine già circola tra la stampa: ed è un colpo dal quale è difficile riprendersi.

Specie ora che la politica presenzialista di Trump gli ha di fatto bruciato ogni ponte col partito Repubblicano, Pence in testa.

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