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Il pioniere del genere Cyberpunk non aveva mai toccato un computer prima di raggiungere la fama

Ricorderete tutti il Neuromante, per i meno affascinati dalla letteratura cyberpunk come Johnny Mnemnonic, adattamento di Johnny Mnemonico, parte dello stesso universo narrativo e con personaggi in comune abbia lanciato Keanu Reeves come eroe del cyberpunk prima della saga di Matrix.

Ma in realtà William Gibson, l’autore di entrambi i romanzi, prima dell’uscita del Neuromante (1984) non aveva mai toccato un computer, escludendo che l’avesse fatto ai tempi di Johnny Mnemonico (1981).

Ha sostanzialmente costruito l’immaginario di cui ogni buon fanatico dell’informatica si nutre senza aver mai toccato quel mondo con mano.

Il pioniere del genere Cyberpunk non aveva mai toccato un computer prima di raggiungere la fama

Nel settembre del 1988, nel numero 51 di Computer Gaming World, veniva presentato il gioco tratto dal Neuromante, gioco per Commodore 64 intriso di “cultura geek”.

Colonna sonora campionata dai Devo (Something never changes), un uso massiccio delle BBS, emulate nel gioco e usate come mezzo di interazione e lo slang virtuale dell’epoca.

Il pioniere del genere Cyberpunk non aveva mai toccato un computer prima di raggiungere la fama

La storia a dire il vero era quella che chiameremmo un “gaiden”, ovvero una storia parallela in cui non incrociavi i personaggi del gioco, se non lo stesso elusivo “Neuromante”, ma partivi da un nuovo “eroe”, uno degli hacker contattati da Armitage mediante BBS a parte Case e mai arrivati nel libro pronto però a finire quanto iniziato da Case e andare oltre annientando il Neuromante.

Nell’intervista Gibson confessò candiamente di non aver mai toccato un computer prima di inziare la stesura del Neuromante, ma di essere stato esposto alla “passione” del popolo degli informatici, traducendola in mondi e visioni da sogno.

Solo intorno al 1988 avrebbe barattato la sua macchina da scrivere Hermes (“Qualcosa che avrebbe usato Hemingway”) per un “Apple IIc vecchio e rotto”, ma circondato da persone a suo dire pronte a sognarlo con un cyberdeck “dai numeri di serie abrasi” come quello dei suoi eroi.

Gibson però aveva ricostruito dai racconti dei cybernauti, e spesso precorso, diversi vizi e virtù del mondo futuro. La sua visione del mondo cibernetico somigliava molto più al moderno World Wide Web, costantemente interconesso che alle BBS disponibili all’epoca.

Coi Simstim aveva ipotizzato il reality moderno: Cyberdeck modificati in modo da seguire la vita del VIP di turno dalla mattina alla sera nutrendosi delle sue stesse emozioni ed incontri.

Il suo mondo virtuale prevedeva “un universo dentro ogni computer”, e ogni hacker in grado di assumere diverse identità nella Rete (anticipando così i “sockpuppet” e i tentativi di truffa) e in un certo senso anche l’ascesa delle AI, rendendo il miglior alleato di Case una AI costruita coi dati del suo maestro hacker morto Dixie detto “Flatline” e rendendo il suo nemico/alleato/principiatore della storia una AI chiamata Neuromante desiderosa di superare il limite della sua programmazione.

Tutto questo probabilmente non avrebbe avuto lo stesso impatto se Gibson l’avesse visto coi suoi occhi e non con quelli della mente.

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