Ci segnalano i nostri contatti una serie di post social che definisco i Captcha “un giochino di Google per addestrare i Droni”. Partiamo dalle basi: non è “un giochino” e sì, i droni militari si poggiano su una cosa chiamata machine learning che è esattamente quello di cui diversi macchinari hanno bisogno.
Non solo i droni. Ma partiamo dalla storia del captcha.
CAPTCHA è l’acronimo di Completely Automated Public Turing test to tell Computers and Humans Apart, ovvero test di Turing del tutto automatico per distinguere l’Uomo dalla Macchina.
Nasce agli inizi del 2000 per venire incontro ad un problema nato dalla diffusione di Internet: potevi “delegare” ad un meccanismo automatizzato compiti sgradevoli come scaricare enormi quantità di dati da un sito, effettuare un DDoS (paralizzare l’attività di un sito internet effettuando una lunga serie di continui accessi, in breve) oppure simulare una serie di accessi.
I Captcha contribuiscono ad addestrare droni? Non solo, non per funzione primaria
Quest’ultima sembra cosa da poco, ma con gestori come Google stessa che vende spazi promozionali pagati ospitati su siti di successo bastava comprare qualche spazio promozionale, settare una serie di bot per accedere ripetutamente agli stessi e organizzare una piccola truffa fatta in casa.
Google mise su un sistema basato sul riconoscere piccole stringhe di testo: i caratteri “scarabocchiati”. In una eterna “corsa alle armi” tra hacker, bot e programmatori i CAPTCHA furono sorpassati da bot sempre più evoluto e sostituti con inviti a risolvere semplici problemi di matematica, complessi problemi di matematica e identificare immagini.
Nel 2017 il Pentagono, col Progetto Maven, si rese conto che la cosa andava nei due sensi: il reCAPTCHA, la moderna iterazione, distingue l’uomo della macchina, ma può anche fornire alla macchina una banca dati di oggetti da riconoscere.
Non è esatto dire che “il Captcha è un giochino che istruisce le armi”.
Non più che definire un libro di testo quella cosa che educa i futuri soldati ad uccidere le persone.
Ovviamente i reCAPTCHA sono una fonte di dati per le macchine. Una vecchia vignetta del fumettista ZeroCalcare aveva una versione di Dawson Leery, protagonista di Dawson’s Creek, spiegare al fumettista come i Captcha “di prima generazione” sarebbero stati un’eccellente fonte per insegnare alle AI del futuro le gioie della “paleografia”, ovvero a riconoscer ed applicare negli OCR testi desueti e corrotti.
Ottenendo che il fumettista rispondesse volontariamente con la parola scopacani a tutti i CAPTCHA che vedeva coltivando la speranza di riuscire ad inserire una profanità in almeno un testo antico riscoperto nel futuro.
La stessa tecnologia può insegnare ad un drone a riconoscere un ponte, ma anche ad una macchina a guida automatica a riconoscere tra un bambino, un cono stradale e un parcheggio ed evitare di fracassare il primo.
Torniamo quindi a quanto detto nelle condivisioni social: Project Maven dimostra che lo stesso machine learning e le stesse AI usate per droni e mezzi civili possono essere usate su droni e mezzi militari?
Se la risposta è prendersela coi CAPTCHA, a questo punto aboliamo la pubblica istruzione per evitare che i soldati possano istruirsi.
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