Feltri condannato per diffamazione in primo grado: la vicenda comincia nel 2017.
Anno in cui sulla prima pagina di Libero appare un titolo curioso. Era il 10 febbraio 2017, e le edicole mostravano il titolo “Patata Bollente”.
Su un articolo in cui il catenaccio apriva con
La sindaca di Roma nell’occhio del ciclone per le sue vicende comunali e personali. La sua storia ricorda l’epopea di Berlusconi con le Olgettine, che finì malissimo
e il sottotitolo parlava di “vita agrodolce della Raggi”.
Combinazione, unita ad un testo dove la Raggi veniva descritta come il “tubero incandescente” di turno, “la gatta sul tetto che scotta” e altre descrizioni e insinuazioni ritenute dalla stessa offensive.
Motivo per il quale si pervenne ad una querela, con rinvio a giudizio nel maggio successivo.
L’opinione pubblica si frammentò, ed è ancora frammentata, tra chi parlò di un intollerabile attacco all’adeguatezza della persona prima che del sindaco. Un testo dove il costante paragone Olgettine-Raggi travalica l’oggetto di indagini per colpire la persona da un lato. E dall’altro di chi esclude tale sottotesto limitandosi a rivendicare un diritto di critica verso il sindaco prima della donna.
In attesa del deposito della motivazione, il Tribunale di Catania (adito come luogo di prima pubblicazione del testo) ha provveduto alla condanna.
Contrariamente alle prime ipotesi per cui si parlava di una pena detentiva, la terza sezione penale del Tribunale monocratico di Catania ha condannato a una multa di 11mila euro per diffamazione il giornalista Vittorio Feltri, nonché il direttore responsabile Senaldi a 5.000 con sospensione condizionale per omesso controllo.
Sostanzialmente per non aver verificato e bloccato la pubblicazione del pezzo.
Il giudice ha stabilito un risarcimento danni da stabilire in sede civile, fissando una provvisionale di 5.000 euro, il pagamento delle spese legali e la pubblicazione della sentenza sui maggiori quotidiani nazionali.
Ascoltando quindi le ragioni del sindaco uscente di Roma Virginia Raggi, all’epoca dei fatti sconvolta da quelle “parole vomitevoli” che per lei travalicavano il diritto di parola colpendola con affermazioni volgari e sessiste.
In attesa delle motivazioni, è certo che l’iniziale richiesta di pena detentiva è stata sostituita da una multa. Al momento ignoto se vi sarà appello, ancorché possibile.
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