Felpa rossa, caschetto biondo e dito puntato: bastano pochi secondi sugli spalti di Miami per diventare un fenomeno virale e creare un caso mediatico come quello scoppiato sul web dopo la partita di Major League Baseball disputata lo scorso 5 settembre, tra Philadelphia Phillies e Miami Marlins al loanDepot park, davanti a oltre 15.000 spettatori.
Una palla da fuoricampo finita tra il pubblico, oltre ad aver attirato più attenzioni del gioco stesso, ha scatenato il popolo del web che, pur di dare in breve un “volto” alla donna che l’ha reclamata, ne ha diffuso false identità e nomi sbagliati.
Vediamo di fare chiarezza e partiamo, come sempre, dal fatto.
Era la parte centrale della partita, quando l’esterno centro dei Phillies Harrison Bader ha colpito un fuoricampo in solitaria che ha mandato la palla direttamente sugli spalti del campo sinistro.
Tra i tifosi più veloci, un padre, Drew Feltwell, si è precipitato a raccoglierla e l’ha regalata al figlio Lincoln, che stava festeggiando il suo decimo compleanno.
Un momento perfetto, che però si è trasformato in un piccolo tribunale improvvisato quando, una donna seduta poco distante, si è avvicinata accusando l’uomo di averle “rubato” la palla, sbraitando concitatamente.
Dopo un breve scambio acceso sotto agli occhi esterrefatti del festeggiato, Feltwell ha ceduto la palla alla donna, e la scena, ripresa dalle telecamere, è diventata virale.
È stato allora che i social hanno trovato un primo pseudonimo per lei: “Phillies Karen.”
Chiariamo subito che questo è un soprannome utilizzato oltreoceano, per etichettare in tono sarcastico la classica donna bianca di mezza età arrogante e pretenziosa, incline a fare scenate e ad abusare del “posso parlare con il manager?”
Ma fin qui non c’è nulla di nuovo: il web lo accendi con poco quando a disposizione c’è un villain così succulento.
Il problema è sorto qualche ora dopo, quando decine di nomi e foto sono stati pubblicati online, generando ondate di commenti e insulti, diretti a persone che non avevano nulla a che fare con l’episodio.
In prima battuta, è stata identificata come una certa “Cheryl Richardson Wagner” presunta impiegata delle Hammonton Public Schools, licenziata in tronco dopo l’accaduto: un colpo di scena che sembrava servire su un piatto d’argento il giusto castigo.
Ma la smentita del distretto scolastico del New Jersey non si è fatta attendere: poche ore dopo, un comunicato ufficiale chiariva come la donna del video non fosse e non fosse mai stata una loro dipendente.
Lontanissima dal mondo delle scuole pubbliche del New Jersey, Cheryl è in realtà autrice di bestseller del New York Times e anche lei si è ritrovata a rompere il silenzio con un post su Facebook per smentire la falsa identità:
“Ok tutti. NON sono la pazza mamma dei Phillies (anche se vorrei essere magra come lei e muovermi così veloce)… e sono una tifosa dei Red Sox.”
Crollata la prima pista però, i social non si
sono arresi, e hanno virato sul nome Leslie-Ann Kravitz, rilanciato in vari thread su X e in altre community, dove è stata anche descritta prima come infermiera, poi come amministratrice scolastica, ma anche in questo caso, però, nessuna delle informazioni corrisponderebbe al vero.
Nonostante giorni di speculazioni, l’identità della donna in felpa rossa, resta un mistero, oltre a una figura che ha acceso l’indignazione collettiva, ma che nessuno è riuscito a identificare con certezza.
Almeno per Lincoln, il bambino coinvolto, la storia si è chiusa nel migliore dei modi.
Poco dopo l’incidente, lo staff dei Miami Marlins ha raggiunto la famiglia Feltwell per consegnare a Lincoln una goodie bag piena di gadget e le scuse di persona da parte della squadra per il comportamento antisportivo nei suoi confronti.
In seguito, i Philadelphia Phillies hanno organizzato per lui un incontro speciale con Harrison Bader, che gli ha regalato una mazza autografata.
E come ciliegina sulla torta, l’imprenditore Marcus Lemonis ha offerto alla famiglia un viaggio alle World Series, con tanto di camper per raggiungerle.
Un lieto fine che sembra ricordare a tutti che, per quanto il gesto della donna sia stato sbagliato, l’odio online e la caccia al capro espiatorio non sono mai la risposta: la giustizia sociale si è già compiuta nel modo più semplice, restituendo al piccolo Lincoln un sorriso e un ricordo ancora più prezioso della palla che aveva perso.
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