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Esce il film sulla morte di Marco Vannini: la famiglia dissente, il regista risponde

Un po’ in sordina, un po’ no: il film sulla morte di Marco Vannini è ora disponibile su Prime Video, ma ci sono già dei problemi. Il regista Carlo Fusco ha firmato L’Espulsore, opera che tende a ricostruire le circostanze che hanno portato alla morte del giovane in quel drammatico 17 maggio 2015. Il progetto non avrebbe avuto l’approvazione della famiglia di Vannini, per questo sono arrivate manifestazioni di dissenso alle quali il regista ha prontamente replicato.

L’Espulsore, il film sulla morte di Marco Vannini

L’Espulsore è uscito il 3 novembre sulla piattaforma video del colosso di Jeff Bezos ed è disponibile per il noleggio a 0,99 euro, in alternativa per l’acquisto a 2,99 euro. Per la sua opera, il regista Fusco ha affidato la sceneggiatura a Leva Lykos che per scrivere “è rimasta fedele alle sentenze, tenendole in considerazione dalla prima all’ultima”.

Quindi il regista, come riporta Roma Today, ha spiegato:

La location principale è la villa dove si è consumata la tragedia e i dialoghi sono stati ispirati dalla ritenuta verosimiglianza della sceneggiatrice che ha interpretato in modo accurato e sensibile l’intera vicenda. In alcuni casi le conversazioni sono state tratte dalle registrazioni dei carabinieri e del 118 rese pubbliche in varie trasmissioni televisive. Le riprese sono durate quattro settimane e lo stile è quello a “schiaffo” trovare un effetto “realtà” che possa coinvolgere il pubblico a cui è destinato il film e per tentare di interpretare il Manifesto di Dogma 95 (qui per chi volesse approfondire, ndr), espressione dei registi olandesi Lars von Trier e Thomas Vinterberg fondatori del Movimento a Copenaghen il 13 marzo 1995.

Le proteste della famiglia

“Nessuno ci ha avvisato prima, né ha chiesto un’autorizzazione per utilizzare il nome di nostro figlio”, queste le parole di Marina Conte, madre di Marco Vannini, riportate da LaCronaca24Etruria News. Il marito e padre di Marco, Valerio Vannini, aggiunge: “Siamo stati chiamati per un incontro solamente dopo la realizzazione del film”.

Sul progetto si è pronunciato anche l’avvocato Celestino Gnazi, che ha detto:

Nè autori, produttori o registi hanno mai, in alcun modo, dato a nessuno di noi, e intendo i genitori di Marco ed io stesso, preventive informazioni o richiesto e ricevuto preventive autorizzazioni di alcun genere. Hanno ricevuto richieste di incontro a posteriori ma hanno sempre rifiutato”.

Quindi: “Ci riserviamo approfondimenti ed adeguate iniziative“.

La replica del regista

Su Ortica Web è arrivata la replica del regista. Carlo Fusco ha precisato che si tratta di un film e non di un docufilm. In secondo luogo, Fusco si è detto dispiaciuto per essere stato considerato “poco rispettoso” nel “non contattarli prima di iniziare le riprese del film”.

In seguito, spiega di non averli contattati “perché ognuno ha una sua verità sulla vicenda, ma io ho voluto raccontare quella che conosciamo tutti, quella che è venuta fuori dal processo, dunque “non volevo farmi trasportare in una verità diversa e condizionarmi troppo emotivamente”.

Fusco, inoltre, precisa di aver contattato la famiglia Vannini “già a luglio, per far visionare il pre-montato del film ma non hanno voluto e sicuramente avranno avuto le loro ragioni”.

Infine, risponde all’avvocato: “Non servono autorizzazioni per realizzare film tratti da fatti di cronaca” e conclude precisando che il suo film “non è un’operazione commerciale”.

La vicenda ha un precedente nel 2019, quando il regista Claudio di Napoli annunciò il film Perché mi hai lasciato morire sempre ispirato al caso Vannini. Anche in quella occasione i genitori di Marco Vannini negarono ogni coinvolgimento e ogni autorizzazione. In ultima battuta i Vannini e il regista trovarono un accordo e il film non fu realizzato.

Il caso Vannini

Marco Vannini, 20 anni, morì nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 a Ladispoli. La sera del 17 Vannini si trovava in casa della fidanzata Martina Ciontoli dove stava facendo un bagno nella vasca. All’improvviso nel bagno era entrato Antonio Ciontoli, padre di Martina, per prendere una pistola riposta in una scarpiera. Secondo il Ciontoli, che era sottoufficiale dell’Aeronautica, Marco gli avrebbe chiesto di fargli vedere come funzionasse l’arma.

In quel momento sarebbe partito un colpo proprio in direzione del giovane Marco, che rimase ferito. La famiglia Ciontoli – in casa c’erano Antonio, la figlia Martina, il figlio Federico, la moglie Maria Pezzillo e la fidanzata di quest’ultimo Viola Giorgini – fece passare un lungo lasso di tempo prima di chiamare i soccorsi, che quando arrivarono trovarono Marco ancora vivo e lo trasportarono al PIT.

Marco morì intorno alle 3 del mattino del 18 maggio. Il 30 settembre 2020 Antonio Ciontoli fu condannato a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale mentre i suoi famigliari, la moglie e i figli, furono condannati a 9 anni e 4 mesi per concorso semplice attenuato dal minimo ruolo e apporto causale.

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