Editoriale

Elon Musk ha perso la guerra delle spunte blu a pagamento e dei fake

Elon Musk ha perso la guerra delle spunte blu a pagamento e dei fake: ironico davvero. Uno dei motivi per cui il magnate di Tesla ha nicchiato sul prezzo, quasi mandando a monte l’affare Twitter era proprio il sospetto che ci fossero troppi fake.

Almeno il 20% secondo le sue stime: ma a causa delle prime decisioni prese nella “gestione Musk”, il numero potrebbe salire.

Ne avevamo già parlato in passato del resto: passare da un sistema in cui Twitter verifica la qualità degli account, ad esempio collegandoli a personaggi famosi, influencer o profili attivi in determinati settori della socialità ad un sistema in cui basta pagare otto dollari al mese per essere certificato è mera ingenuità.

E l’ingenuità al mondo si paga.

Certo, direte voi, non c’è niente di più sicuro di una banca, e l’idea delle spunte blu a pagamento poteva avere un senso: se puoi permetterti di pagare hai una carta di credito o di debito. Se hai una carta di credito o debito hai dato i tuoi documenti a una banca o un intermediario di pagamento, quindi esisti.

Esperimenti come quelli effettuati dal noto decano degli Influencer italiani Paolo Attivissimo e l’attrice/scrittrice comica Sarah Silverman hanno dimostrato però l’enorme, titanica falla nel piano.

Tizio compra la sua brava spunta blu. È sua, col suo account può farci quello che vuole.

Tizio si ribattezza Elon Musk e comincia ad offrire “commenti e like di Elon Musk”. Musk provvede al ban, ma a quel punto è tardi.

Elon Musk ha perso la guerra delle spunte blu a pagamento e dei fake

Come ricordato ad esempio da Vincenzo Maisto, il Signor Distruggere, non è solo Musk a doversi difendere dalla Guerra delle Spunte Blu.

Una bella mattina Eli Lilly and Company si è ritrovata ingenti perdite azionarie perché un fake ha cominciato a postare verosimili (ma non troppo) messaggi a suo nome annunciando insulina gratis in un mercato, come quello Americano, dove l’assicurazione sanitaria è privata.

Elon Musk ha perso la guerra delle spunte blu: il caso Eli Lilly

Una ulteriore serie di compagnie si sono improvvisamente ritrovate impersonate, compresi giganti dell’Industria come Nintendo e Valve, con annunci del tutto fake di nuovi titoli e campagne di insulti al pubblico.

Il tutto in una Twitter che ormai come unica risposta ha il Banhammer facile, spingendo la guerra al fake ad ogni costo a eccessi improbabili. Come bannare l’account parodia del celebre autore del manga “Chainsaw man”, nel quale interpretava il ruolo di una intellettualmente vivace ragazzina delle elementari, stabilendo che fosse un fake di età inibita all’iscrizione.

La calata di Elon Musk su Twitter era stata annunciata, specie da account filo-Trump e “nemici del Mainstream” come un “tana libera tutti” che avrebbe reso Twitter un posto a prova di ban dove chiunque avrebbe potuto dire la sua.

La “guerra delle spunte blu” ci regala invece un posto dove si può essere bannati per una parodia, e spesso lo si viene, e dove l’intero nuovo programma di spunte blu è stato annullato a tempo indeterminato.

Probabilmente la verve comunicativa del Musk-imprenditore felice del suo giocattolo nuovo finirà e gli esperti riprenderanno il controllo.

Resta nel frattempo la realtà di un social in ambasce tali da far paventare a Elon Musk lo spettro del fallimento e che con “scherzi” come questo diventa radioattivo per le “spunte blu” che dovrebbero farne un uso promozionale e pubblicitario e si trovano insidate da fake fomentati dalle stesse manovre che avrebbero dovuto combatterli.

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