Tutti avrete visto sulle vostre bacheche le foto di profughi, esuli da terre lontane piagate dalla malattia, dalla carestia e dalla guerra, ritratti con uno smartphone o un tablet, purtroppo seguite dal codazzo di commenti e didascalie di commentatori che preferiscono concentrarsi sull’oggetto da loro percepito come un “lusso” anziché sul dramma umano per dedurre, in modo del tutto infondato, che in realtà “Se hanno uno smartphone tanto poveri non sono“.
L’infondatezza è evidente. Abbiamo già visto in passato come lo status di profugo o di “protezione umanitaria” non postuli che il disperato in questione sia l’immagine stereotipata dello “straccione morto di fame”, ma può essere un uomo comune che all’improvviso si è trovato a fuggire da condizioni non più favorevoli.
Tra i profughi ci possono anche essere individui che godevano di agiatezza ma che hanno perso tutto a causa della distruzione del loro tessuto sociale.
Perché? Inquadriamo la questione da un altro punto di vista.
Per noi Italiani, lo Smartphone è sostanzialmente “un oggetto del desiderio”. Un costoso orpello che usiamo per mandarci email, per mandare messaggi online, per usare Facebook e per spendere metà della nostra carta ricaricabile in giochini e suonerie.
Ma, in realtà, uno Smartphone è molto di più.
Con soli cento euro circa, ma salendo di prezzo naturalmente sale la qualità, è possibile per chiunque ottenere un dispositivo che sia contemporaneamente:
Uno Smartphone sostituisce dispositivi e necessità che un tempo avrebbero richiesto un costo ben più elevato per essere soddisfatte, e tutti necessari: alcuni, prosaicamente, alla sopravvivenza, altri come contatti coi propri cari e con la propria vita passata.
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