Non se ne parlava da anni, ma in seguito alla segnalazione di una donna di Fabriano, occorre evidentemente un nuovo approfondimento sul “wangiri“, meglio conosciuto come la truffa dello squillo senza risposta. Tanti titoloni in queste ore con siti più o meno specializzati, spesso e volentieri concepiti per attirare click e visualizzazioni. Premesso che, come anticipato nel lontano 2018, sia necessario non sottovalutare alcuna minaccia reale o potenziale, ci sono necessariamente dei concetti che vanno chiariti agli utenti meno esperti.
Per quale motivo nel titolo del nostro articolo di oggi invitiamo tutti a dare la la giusta dimensione al ‘wangiri’? Se da un lato è vero che questa pratica da sempre sia conosciuta come “truffa dello squillo senza risposta”, è altrettanto vero che dal punto di vista giornalistico spesso e volentieri si esagera. Punto numero uno, nel 2018 come nel 2023 è del tutto falso che qualcuno possa svuotarvi il credo telefonico semplicemente rispondendo alle chiamate di un determinato mittente con cattive intenzioni.
Occorre partire dal presupposto che, senza azioni specifiche da parte del potenziale truffato, la truffa dello squillo squillo senza risposta non possa avere seguito. Esattamente come cinque anni fa, il “wangiri” entra in azione nel momento in cui la persona in Italia richiama il numero al quale in precedenza non si è risposto. Considerando il fatto che il mittente quasi sempre ci mostra un prefisso straniero, come nel caso di Cuba (+53), Gran Bretagna (+44), Kosovo (+383), Moldavia (+373) e Tunisia (+216), è decisamente semplice riconoscere il pericolo.
Nella nostra epoca, infatti, anche l’utente meno esperto ci pensa su non due volte, ma forse cinque, prima di chiamare numeri dalla destinazione sconosciuta. Anche e soprattutto in termini geografici. Dunque, se non fate nulla, non dovrete in alcun modo temere il “wangiri”, la truffa dello squillo senza risposta.
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