Esiste un giochino molto in voga nelle echo chamber e nella disinformazione: si prende un video o una serie di foto estrapolate dal contesto e si inventa una storiella, o a volte anche solo una didascalia “indinniata ed indinniante” (sic!) aspettando che la Folla Manzoniana 2.0 si ecciti portando condivisioni e viralità.
Talvolta il giochino esplode in mano ai creatori, perché gli stessi commentatori vengono a portargli via il divertimento, a volte funziona anche così, quindi ora abbiamo una pagina Facebook (che archivieremo qui) che ha ramazzato quasi 50.000 condivisioni con un video decontestualizzato
Titolato: Future risorse distruggono negozio H&M
Perché bufala? Perché l’immigrazione qui non c’entra un cavolo, anche solo in via collaterale.
Perché disinformazione? Il video, ovviamente esiste, ma la storia è un’altra.
Comincia tutto tra Dicembre 2017 e Gennaio 2018, quando la catena H&M, in Sudafrica (prendete appunti che interroghiamo, piccoli condivisori seriali) decide improvvidamente di lanciare una catena di abiti per bambini chiamata The coolest monkey in the jungle.
La parte più sgradita dell’iniziativa? Le felpe col logo, traducibile in Italiano come La scimmietta più figa della giungla vengono presentate addosso ad un piccolo modello di colore, creando una shitstorm ed una serie di proteste dell’uditiorio che, a questo punto, ha collegato l’epiteto “scimmietta”, specialmente da quelle parti usato in contesti xenofobi alla scelta di un modello di colore.
Non era certo questa l’intenzione della casa di moda, come la ditta ha dichiarato scusandosi immediatamente e ritirando la propaganda, ma ormai la frittata era fatta: una lunghissima serie di proteste hanno portato alla famiglia del modello trasferita in Svezia per evitare ritorsioni ed al gruppo rivoluzionario EFF (Economic Freedom Fighter) ad inscenare una ulteriore serie di proteste, tra cui quella immortalata nel video, vandalizzando diversi esercizi della catena scandendo slogan relativi alla vicenda.
Naturalmente, non condoniamo neppure la protesta violenta, avvenuta, ricordiamo, a gennaio 2018, e che ha avuto portavoce ben più pacifici, come Romelu Lukaku e LeBron James che hanno espresso la loro indignazione (questa reale e non indinniazione) senza prestare il fianco a prove muscolari ed escalation nello scontro, ma la narrazione corretta serve a rimettere la cosa nella sua giusta ottica.
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