Disinformazione

Brutta la disinformazione sul biossido di titanio nel 70% delle mascherine in circolazione

Disinformazione nel senso più stretto del termine, quella che si fa in queste ore a proposito della presenza di biossido di titanio nel 70% delle mascherine in circolazione. Come se non bastassero concetti imprecisi su tali dispositivi (basti pensare al caso di Enrico Montesano, che abbiamo avuto modo di analizzare in questi giorni sul nostro sito), oggi 24 ottobre in tanti ci state segnalando uno studio secondo cui 7 prodotti su 10 tra quelli disponibili sul mercato sarebbero dannosi per la nostra salute.

I titoli sul biossido di titanio nel 70% delle mascherine da dimenticare

Ci sono tanti titoli di articoli in giro sul web come quelli che trovate nell’immagine del nostro articolo. Non occorre certo un esperto in Semiotica per comprendere che tale approccio, soprattutto sui social, dia a tutti la sensazione che vi sia presenza di biossido di titanio nel 70% delle mascherine che possiamo acquisire quotidianamente. Solo leggendo in modo più approfondito articoli come questo, però, si capisce come stiano realmente le cose.

Come ci è stato segnalato stamane da lettori attentissimi, e che ringraziamo, approfondendo la vicenda si scopre che la Finanza di Padova abbia sequestrato tra maggio e giugno lotti di mascherine prive di documentazione, incriminando di conseguenza il commerciante che stava per distribuirle sul mercato. Adconsum di Verona le avrebbe fatte analizzare scoprendo che in molte fosse contenuto biossido di titanio. Fin qui le notizie vere, perché lo studio è reale ed è giusto dargli la necessaria attenzione.

Tuttavia, si ignora che la sostanza venga definita come “possibile cancerogeno” secondo International Agency for Research on Cancer (IARC). Dunque, ci sono opinioni controverse sul biossido di titanio, ma quello che è più sbagliato in questi articoli è la mancata contestualizzazione. Quel “70%”, infatti, si riferisce al campione di mascherine analizzato e sequestrato, non a quelle in circolazione. Titoli come questo, invece, danno una percezione completamente sbagliata del problema. Ed in questo delicato momento storico proprio non ne abbiamo bisogno.

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