Ogni volta che un fatto di cronaca colpisce l’attenzione, arrivano le catene virali di S.Antonio a mezzo WhatsApp.
Esiste una struttura base usata da molte di queste creazioni, in cui ci siamo più volte imbattuti: un abuso del servizio di messaggistica audio porta una voce anonima, perlopiù femminile, con una cadenza amichevole e sovente legata al vernacolo locale, lanciare in scioltezza gravi accuse verso enti o persone della comunità locale, confidando nell’anonimato e richiedendo la massima condivisione.
In questo caso, il testo è una libera reintrepretazione della triste morte della piccola bambina di Foggia a causa della Sindrome Emolitico-Uremica (forma tipica) di cui abbiamo parlato proprio recentemente
Hanno comprato dei bocconcini, stavo dicendo, la bambina ne ha mangiati due. Tornati a casa, giorno dopo la bambina ha cominciato a stare male, l’hanno portata all’ospedale, il pronto soccorso l’ha mandata in pediatria, in pediatria hanno detto che aveva una gastroenterite emorraggicca (sic!), praticamente “Ci facciamo la flebo e te ne vai a casa”, però la bambina mentre stava là si è sentita male, l’hanno dovuta trasportare in rianimazione e dopo nemmeno mezz’ora è partita con l’elicottero per Bari, dove hanno appurato che la bambina aveva la SEU. Questo pezzo di mer*a di M****** di L***** acquistava il latte all’estero, non pastorizzato, perché lo pagava una stron*ata, e faceva le mozzarelle. Quindi vi voglio avvisare, visto che questo cornuto vende anche anche a Foggia, non comprate mozzarelle di marca L********* di M***** di L*****
L’appello, che a tratti per contenuti e cadenza ricorda le invettive ricevute da Rocco Tanica, tastierista di Elio e le Storie Tese da una misteriosa e vendicativa figura nota come la “Nasty Sciura”, ha avuto grande diffusione.
Cosa c’è di vero? Ben poco, oseremmo dire. Ci sono stati segnalati altri messaggi WhatsApp che, giustamente, invitano a limitare la condivisione.
È infatti vero che sono stati effettuati controlli presso le industrie alimentari che usano prodotti facilmente deperibili, ma anche nell’acqua di mare dello stabilimento frequentato dalla piccola ed in ogni altro luogo possibile, ma, al momento, non è stato individuato alcun focolaio, tampoco relativo alla ditta descritta chiaramente dalla voce anonima.
Ditta che, ricordiamo, è stata informata della grave diffamazione a suo danno e quindi potrà prendere tutti i provvedimenti del caso.
La mente corre ad una simile bufala, diffusa esattamente un anno fa, laddove l’untore fu “individuato” nei gelatai artigianali di una cittadina pugliese e l’appello fu diffuso usando il nome ed i recapiti di un medico pediatra che fu costretto, anche in questo caso, a sporgere immediatamente denuncia per arginare la catena.
Vi ricordiamo che, essendo la SEU in forma tipica diffusa da un sierotipo del comune batterio Escherichia Coli, la miglior prevenzione non è l’allarmismo, ma le ordinarie norme igieniche necessarie per evitare l’infezione dallo stesso, è che l’unico stumento efficace per riconoscere casi di contaminazione alimentare è il ricorso alle autorità locali, o al portale del Ministero della Salute.
Di certo non ad anonime catene virali diffamatorie.
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