Uccide anziana ebrea al grido di Allah Akbar, assolto perché drogato

di Luca Mastinu |

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Uccide anziana ebrea al grido di Allah Akbar, assolto perché drogato Bufale.net

Giorgia Meloni il 6 gennaio ha pubblicato uno screenshot del sito La Voce Del Patriota, che il 5 gennaio riportava il caso di Kobili Traore, 29 anni, che il 4 aprile 2017 ha ucciso la vicina di casa Sarah Halimi, un medico in pensione di 65 di religione ebraica, nel suo appartamento di Belleville, un quartiere di Parigi.

Sentenza assurda in Francia. Un uomo originario del Mali nel 2017 ha fatto irruzione a casa di una anziana donna ebrea, Sarah Halimi, e l’ha uccisa a pugni e gettata dalla finestra al grido di Allah Akbar dopo aver recitato il Corano. Pochi giorni fa la sentenza: assolto perché l’omicida aveva fatto uso di cannabis (la stessa che la sinistra vuole legalizzare perché “innocua”) e quindi era incapace di ragionare. Scandaloso!

Qual è il senso di questo verdetto? Che chi si fa le canne ha il diritto di uccidere impunemente o vale solo per gli esaltati islamici che uccidono degli ebrei o gli “infedeli”?

La verità è che in Francia come nel resto d’Europa c’è la chiara volontà di nascondere gli attacchi di matrice islamica spacciandoli sempre come “il gesto di un folle”. E queste sono le conseguenze.

Giorgia meloni liquida la sentenza come un’assoluzione a favore di un semplice consumatore di canne, ma in questa terribile storia è necessario riportare correttamente i dettagli.

L’omicidio

Alle 4:30 del mattino del 4 aprile 2017 il corpo di Sarah Halimi giaceva senza vita sul marciapiede del n°26 della rue Vaucoleurs. La donna era precipitata dal suo appartamento del terzo piano. Il mattino successivo era stato arrestato un suo vicino, un cittadino originario del Mali di 27 anni che era già noto alle forze dell’ordine per reati di spaccio e detenzione di stupefacenti. L’uomo viveva nello stesso edificio della vittima, al secondo piano. Dopo l’arresto l’uomo era stato trasferito all’infermeria psichiatrica della Questura di Parigi.

Come ricostruisce Il Giornale il 7 gennaio 2020, poche ore prima del delitto Traore era fuori di sé per una lite famigliare e si era introdotto nell’appartamento di un’altra famiglia che, terrorizzata, si era rinchiusa nel bagno e aveva allertato le forze dell’ordine. A quel punto Traore aveva lasciato l’abitazione dei vicini e, passando dal balcone, si era introdotto nell’appartamento della sua vittima.

A quel punto i vicini avevano riferito che Traore avesse preso a picchiare selvaggiamente la donna gridando “Allahu Akbar” e recitando versi del Corano, per poi urlare “Ho ucciso Sheitan (il diavolo)” e gettare Sara Halimi dalla finestra. Ad alimentate l’ipotesi dell’antisemitismo fu il figlio Yonathan, che nelle sue dichiarazioni affermava che la stessa famiglia di Traore, in più occasioni, aveva apostrofato la donna e i suoi parenti con termini ingiuriosi e carichi di odio contro gli ebrei.

Il consumo di cannabis

L’assassino, di fede musulmana, era stato sottoposto a tre perizie psichiatriche che avevano concordato nel riferire che non avesse precedenti di disturbi mentali, dunque non risultava infermo di mente, ma durante il delitto non aveva capacità di discernimento in quanto sotto effetto di sostanze stupefacenti individuate come cannabis.

Nel luglio 2019, infatti, Le Parisien riportava che Traore era solito consumare almeno 15 spinelli al giorno e per questo al momento dell’omicidio si ritrovava incapace di intendere e di volere non per disturbi mentali, più volte negati dalle perizie, bensì in quanto si trovava in stato di forte alterazione al momento del delitto.

La sentenza

Ciò che ha scatenato sollevazioni specialmente dal mondo ebraico è stata la sentenza del 19 dicembre 2019. Secondo il giudice, l’antisemitismo era solo una parte del movente che avrebbe spinto Traore a uccidere la donna. La corte d’appello ha disposto un ricovero dell’uomo in ospedale con un processo di riabilitazione, ma soprattutto ha deciso che per 20 anni l’uomo non potrà né contattare i parenti della vittima né avvicinarsi al luogo dell’omicidio insieme ad altre misure di sicurezza.

La sua responsabilità penale non è stata riconosciuta in quanto Traore, nelle ore in cui consumava l’omicidio, si trovava in uno stato di forte alterazione e dunque non rispondeva delle sue azioni. Gli avvocati della famiglia della vittima hanno dichiarato che ricorreranno in appello.

L’uomo ha ammesso tutto e ha anche raccontato: “Mi sentivo perseguitato. Quando (una volta entrato nell’appartamento) ho visto la Torah e il candelabro mi sentivo oppresso, ho visto il volto di quella donna trasformarsi”.

Perché “precisazioni”?

Lo stesso avvocato di Traore, Thomas Bidnic, afferma di essere combattuto sia sulla possibilità della prigione che su quella del ricovero in ospedale. Intanto, migliaia di persone di religione ebraica hanno manifestato contro la sentenza, ritenuta ingiusta e troppo leggera per un chiaro atto di antisemitismo.

Parliamo di precisazioni, tuttavia, per evitare che la vicenda si liquidi come un’assoluzione piena nei confronti di un assassino legittimato dal consumo di canne, in quanto da più fonti emerge che Traore ne facesse un consumo oltre il consueto. Giorgia Meloni semplifica il caso e attacca la lotta per la legalizzazione, ma il delitto di Sarah Halimi racconta una storia più complessa. Traore non era in sé mentre uccideva la sua vittima, e in ogni caso gli avvocati della famiglia di Sarah Halimi presenteranno ricorso. Il caso può ritenersi ancora aperto.

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