Studi che non sono studi: il presunto “studio sulle conseguenze della politica vaccinale COVID19”

Ci segnalano i nostri contatti la diffusione nel dibattito politico sulla vaccinazione, e purtroppo anche nel dibattito social sui vaccini (sovente assai meno utile) di uno studio sulle conseguenze della politica vaccinale COVID19, descritto più propriamente altrove, ma ancora erronamente come “un’argomentazione”.

Studi che non sono studi: il presunto “studio sulle conseguenze della politica vaccinale COVID19”
In realtà il testo di cui si parla non è una cosa e neppure l’altra. È semplicemente una lettera aperta aperta di un gruppo di ricercatori alla redazione. Testo che quindi non presenta argomentazioni ma solamente idee a titolo personale, e non presenta nessuno dei caratteri di un testo scientifico.
Sostanzialmente quando un professionista non parla ex cathedra succede che il valore delle sue affermazioni è lo stesso che avrebbe quello di un qualsiasi privato cittadino pronto a redigere una “lettera aperta” ad un famoso quotidiano.
Non significa che il quotidiano gli dia appoggio o endorsement, non significa che si tratti di uno studio scientifico, non significa che il contenuto abbia un valore diverso dalla pura e semplice opinione personale.
Studi che non sono studi: il presunto “studio sulle conseguenze della politica vaccinale COVID19”
Come correttamente evidenziato dal Dottor Salvo di Grazia, i livelli dei contributi ad una importante rivista scientifica come BMJ (British Medical Journal) sono di fatto nove.
Il primo livello, quello con maggiore impact factor (misura della credibilità, utilità e capacità di usare i dati dello studio in ambito scientifico) è ovviamente quello derivato dall’analisi sistematica di dati prelevati da studi scientifici randomizzati.
L’ultimo livello, al di sotto persino delle osservazioni empiriche e degli studi non clinici e randomizzati (di fatto persino al di sotto del limitarsi ad osservare il decorso di una malattia nella popolazione nel modo più generale possibile traendone indizi in assenza di dati migliori) parla della semplice opinione degli esperti.
Opinione che in quanto tale non li rende meno esperti, ma rende il dialogo l’equivalente accademico di una chiacchierata davanti alla macchinetta del caffè del laboratorio.
A volte può nascervi qualcosa di utile, a volte no, ma ogni dato fornito andrà comunque esaminato prima di considerarlo veritiero o meno.
E in questo caso la chiacchierata nasce da una serie di osservazioni meno che empiriche trasformate in opinioni che poi diventano fatti: ad esempio la teoria per cui il complottismo e il negazionismo delle misure di contenimento pandemiche siano legate alle stesse perché il cittadino “negazionista” non sarebbe tale se non vi fossero le stesse.
Sostanzialmente, bisogna imparare a distinguere tra studio ed opinione, ed anche tra gli studi ricordare che esistono gerarchie.
Altrimenti potremmo finire a dare il medesimo valore ad una “lettera all’editore”, uno studio scientifico dall’elevato impact factor e gli studi scientifici che “dimostrano” come COVID19 sia stato portato dai Pokemon, ingozzarsi di cioccolato faccia dimagrire, lo “studio del ragazzino geniale” per cui si possono risparmiare milioni di dollari cambiando carattere durante i compiti in classe e lo studio di un casinò online che “dimostra” la superiore intelligenza di chi ha un PC rispetto ad una Switch o un cellulare.
Nel dibattito scientifico, irrilevante.
Se il nostro servizio ti piace sostienici su PATREON o
con una donazione PAYPAL.