Salvini scagionato cita i magistrati: “ONG sbarchino nel loro Paese”. Ma non è così

di Redazione Bufale |

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Salvini scagionato cita i magistrati: “ONG sbarchino nel loro Paese”. Ma non è così Bufale.net

Ci vuole molto poco a rischiare il clickbait: “Le ONG sbarchino nel loro paese è uno di quei casi“. Tutto nasce da alcuni organi di stampa, ma anche da un post di Salvini, in cui l’ex Ministro dell’Interno ostenta evidentemente un concetto che non emerge dalle recenti novità giudiziarie. Proviamo dunque a mettere a fuoco l’intera vicenda.

Salvini

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Il Corriere della Sera è forse stato assai frettoloso nel cercare di condensare un problema complesso in un titolo. Ottenendo una vera e propria clickbait: le ONG sbarchino nel loro paese è una frase che non solo non è presente nel provvedimento da loro citatao, ma da essa non è neppure desumibile.

Perché se lo fosse, saremmo di fronte ad una plateale violazione e falsa applicazione di norma imperativa di diritto: cosa che ovviamente non vi è.

Ma andiamo con ordine, e apriamo quindi ad una nuova puntata de Il Diritto Spiegato coi Paperi, la nostra rubrica dove spieghiamo temi complessi col linguaggio semplice e buono con cui Topolino educa la gioventù da decenni.

Il testo reale del provvedimento

Il Corriere, giustamente, riporta il dispositivo del provvedimento, che non è un cellulare ultimo modello ma è la parte in cui si dice cosa bisogna fare in concreto, riassumendo le pagine e pagine di parte motiva, ovvero le motivazioni

La responsabilità di assegnare un «porto sicuro» alle navi con i profughi soccorsi in mare spetta allo «Stato di primo contatto», che però non è sempre facile individuare. Tuttavia, volendo seguire «alla lettera» le indicazioni che si possono ricavare da Convenzioni e accordi, «lo Stato di primo contatto non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio»; dunque se un’imbarcazione che ha raccolto i naufraghi batte bandiera tedesca, è alla Germania che deve rivolgersi per ottenere l’approdo.

Aggiungendo che

«L’assenza di norme di portata precettiva chiara applicabili alla vicenda — hanno scritto i giudici Maurizio Silvestri, Marcella Trovato e Chiara Gallo — non consente di individuare, con riferimento all’ipotizzato, indebito rifiuto di indicazione del Pos (Place of safety), precisi obblighi di legge violati dagli indagati, e di conseguenza di ricondurre i loro comportamenti a fattispecie di rilevanza penale»

Il che ha portato l’oggetto del provvedimento, Salvini stesso, a esultare, raggiungendo però una conclusione inesatta, palesemente erronea (anche perché, lapalissiano, se è provvedimento e non sentenza non condanna e non scagiona nessuno a prescindere)

Nessuno ha detto che le ONG debbano sbarcare nel loro paese

Ovviamente. Come vi abbiamo più volte spiegato, e l’ultima proprio riguardando assieme il caso della Sea Watch 3, il diritto internazionale ha delle precise regole. Che stabiliscono come nelle operazioni di salvataggio il porto di sbarco dei naufraghi tratti in salvo debba essere il porto sicuro più vicino.

Ovviamente, tale valutazione va compiuta in concreto e non in astratto, e secondo il Tribunale spetta allo Stato di Bandiera. Il che non significa, attenzione, che i profughi debbano sbarcare nello stato di bandiera. Immaginate una ONG che batta bandiera olandese, se non addirittura norvegese o di altro stato a miglia e miglia nautiche di distanza.

Cosa facciamo, andiamo contro gli accordi stessi scartando i porti più sicuri ed affrontando settimane di navigazione? Come ricorda Matteo Villa, infatti:

Lo stato di bandiera deve collaborare alla coordinazione, aiutando ad individuare quel porto sicuro sotto l’egida degli accordi. Accordi di cui abbiamo lungamente parlato e che sarebbero presi a schiaffi ripetutamente se si decidesse semplicemente di depositare i naufraghi “nel porto di bandiera”.

Porto di bandiera che, appunto, regola i rapporti interni alla nave, non certo quelli esterni. Come ci ricordano altre testate infatti gli attuali accordi internazionali prevedono per il Comandante della nave di soccorso:

l’impegno a comunicare al competente MRCC l’idoneità tecnica (relativa alla nave, al suo equipaggiamento e all’addestramento dell’equipaggio) per le attività di soccorso, fatte salve le applicabili disposizioni nazionali ed internazionali concernenti la sicurezza dei natanti e le altre condizioni tecniche necessarie alla loro operatività e l’impegno ad assicurare che, quando un caso SAR avviene al di fuori di una SRR ufficialmente istituita, il comandante della nave provveda immediatamente ad informare le autorità competenti degli Stati di bandiera, ai fini della sicurezza, e il MRCC competente per la più vicina SRR, quale “better able to assist”, salvo espresso rifiuto o mancata risposta di quest’ultimo.

Insomma, il comandante non può limitarsi a soccorrere, ma deve anche provvedere ai contatti con le autorità competenti per individuare il porto competente. Lapalissiano che se fosse come dichiara l’ex Ministro degli Interni, non ci sarebbe stato bisogno di normare e disciplinare questa parte delle trattative, perché semplicemente si affronterebbe il mare per andare nel porto di bandiera senza alcun accordo. E qui si passa alla seconda parte, quella un po’ più ostica da spiegare e per la quale ricorreremo a qualche esempio.

Il diritto internazionale non è cogente

Il provvedimento continua dicendo:

«la normativa non offre soluzioni precettive idonee ai fini di un intervento efficace volto alla tutela della sicurezza dei migranti in percolo»

Ma, ovviamente, il diritto internazionale non ha forza cogente ma pattizia. Se un cittadino compie un reato, lo arrestano. Se un cittadino ignora un contratto, viene condannato a darvi corso o pagarlo. Se uno Stato rifiuta di ottemperare a degli accordi che fai, gli pignori una regione? Gli arresti i monumenti? Torniamo quindi al diritto spiegato coi Paperi, e immaginiamo questa volta la comunità internazionale come le Giovani Marmotte.

Il Gran Mogol, naturalmente, rappresenta gli organi di vertice

Abbiamo quindi le Giovani Marmotte, tutte con la stessa dignità tra di loro, che scelgono di darsi una serie di regole e le rispettano. Abbiamo quindi la Giornata della Gentilezza, nelle quali le Marmotte si impegnano a farsi favori reciproci e aiutare la collettività. Ma abbiamo anche Pierino e Pieretto, nipoti di Gambadilegno appena arrivati dalla sede di Topolinia che decidono di fare il minimo sindacale se non niente.

Partecipano allo scambio dei giochi dando giocattoli semidistrutti o di dubbia provenienza, rifiutano di aiutare le vecchiette ad attraversare la strada e, generalmente, decidono allegramente di disattendere tutto quanto detto dal Gran Mogol perché non potete mica portarci in tribunale.

Effettivamente, questo non può essere fatto. Si parla di ragazzini, non si può elevare un giurin giurello tra ragazzini a contratto, anche perché, annullabile come ogni accordo tra ragazzini, poi arriva Gambadilegno e li tira fuori dal guaio. Il Gran Mogol però può levargli tutte le medaglie ed infine espellerli dalla comunità.

La stessa cosa vale per il diritto internazionale: uno stato c.d. “Canaglia”, o uno stato particolarmente riottoso non può essere costretto a rispettare gli accordi presi con la forza. Ma può essere sanzionato, con tutti gli altri stati che decidono di modificare i loro rapporti nei loro confronti in seguito alle loro intemperanze.

Ci sono tutta una serie di zone grigie nella lunga mappa dei trattati che consentono di rimpallarsi le responsabilità: ma tale rimpallo non può arrivare all’infinito. E una volta diventati i pariah di Europa, forse potremmo trovarci a rimpiangere l’assenza di un apparato cogente che ci costringa a fare cose.

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