PRECISAZIONI Usa a Ue: comprate la nostra carne agli ormoni o sarà guerra – bufale.net

di Shadow Ranger |

bufala sindaco di lonigo
PRECISAZIONI Usa a Ue: comprate la nostra carne agli ormoni o sarà guerra – bufale.net Bufale.net

carneusaCi segnalano il seguente articolo, targato Business Insider, del quale forniamo un mero estratto non volendo sottrarvi all’onere di leggere e verificare la notizia voi stessi:

L’Europa dice no alla carne americana agli ormoni? Non c’è problema: gli Stati Uniti sono pronti a boicottare formaggi, acque minerali, aceto e perfino scooter e biciclette. Benvenuti nell’era Trump: d’ora in poi dimenticatevi le care vecchie relazioni amichevoli tra gli Stati Uniti e l’Europa. Adesso gli interessi americani prevarranno su tutto e tutti.

Insomma, per l’Unione europea si annuncia un futuro difficile: da est la Cina ha aperto un contenzioso al Wto per il mancato riconoscimento da parte di Bruxelles del suo status di economia di mercato (con il conseguente abbattimento dei dazi sulle sue merci); da ovest gli Stati Uniti annunciano azioni drastiche se l’Ue non farà cadere il divieto d’ingresso sul Vecchio continente alle carne americana trattata con gli ormoni.

“Sono le prime conseguenze dell’addio al Ttip. Abbiamo smesso di negoziare un accordo di libero scambio su larga scala che vietava l’importazione in Europa di carne agli ormoni e adesso paghiamo le reazione degli americani che si mostrano aggressivi” dice Paolo De Castro, europarlamentare Pd già ministro delle Politiche agricole e grande sostenitore dell’intesa commerciale atlantica: “Se non trattiamo con gli Stati Uniti che sono il nostro primo partner commerciale, con chi dovremmo farlo?”.

Tra gli addetti ai lavori c’è la sensazione che l’Europa abbia perso un’occasione importante per assumere quel ruolo di rilievo internazionale a cui ambisce e adesso rischia di pagarne le conseguenze. Certo, difficilmente gli Stati Uniti otterranno dal Wto il via libera incondizionato all’esportazione di carne con gli ormoni all’interno della Ue, ma saranno liberi di aumentare dazi e tariffe sui prodotti in arrivo dal Vecchio continente. E perfino potranno allungare la lista delle merci “sgradite”.

D’altra parte per il dipartimento del commercio Usa la carne è un settore economico cruciale: “L’esportazione vale 6 miliardi di dollari l’anno con un indotto di 7,6 miliardi che garantisce 50mila posti di lavoro. Il divieto europeo non ha basi scientifiche e serve solo a discriminare i nostri produttori. Senza un cambio di linea aumenteremo i dazi su una serie di beni europei”.

La notizia è sostanzialmente corretta, anche se necessita di evidenziare una serie di elementi da reinquadrare nella corretta prospettiva per avere una visione chiara dell’evento.

In primo luogo, il richiamo all’era Trump sembra essere una nota stridente: la vicenda è molto più antica, ed il redde rationem è, per parola stessa del Foreign Agricultural Service del Dipartimento Statunitense per l’Agricoltura, uno dei testamenti dell’Amministrazione Obama

The Obama Administration announced today that the Office of the United States Trade Representative (USTR) is taking action against the European Union’s (EU) unfair trade practices that discriminate against U.S. beef imports.  Acting on the request of the U.S. beef industry, USTR has scheduled a public hearing and is seeking public comments in connection with the EU’s ban on most U.S. beef products.  The EU’s ban on U.S. beef is not based on sound science and discriminates against American beef farmers, ranchers, and producers.  If the trade action resumes, the United States would reinstate industry-supported tariffs on a list of EU products imported into the United States.  USTR is particularly interested in comments addressed to the possible effects of reinstatement on U.S. consumers and small- or medium-sized businesses.

L’amministrazione Obama ha annunciato che l’Ufficio dei Rappresentanti per il Commercio degli USA ha intenzione di assumere azione legale contro l’Unione Europea (UE) per la sua ingiusta praica commerciale che discrimina l’importazione di carne americana. Secondo le richieste dell’industria della carne statunitense, l’ufficio ha programmato un’udienza pubblica e cerca di ottenere una pubblica discussione in connessione col bando europeo su molti proditti a base di carne statunitensi. Il bando dell’UE non è basato su evidenze scientifiche solide e discrimina fattori, rancheros e produttori americani. Se le azioni commerciali resteranno invariate, gli Stati Uniti ripristineranno dazi su una serie di prodotti Europei importati in USA. L’Ufficio dei Rappresentanti per il commercio è interessto in modo particolare a commenti che evidenzino i possibili effetti sui consumatori e l’impresa medio-piccola americana.

Un po’ di storia è in ordine per capire meglio la vicenda: partiamo dal 1988, anno in cui l’Unione Europea decide di bandire l’importazione di carni ottenute da animali trattati con determinati ormoni della crescita, il cui uso è inibito tutt’ora nel suolo dell’Unione: caso volle che invece gli stessi ormoni fossero diffusi, ed il loro consumo da parte di bovini pratica abituale, nei mercati USA e Canadesi.

Come ricorda la stessa Unione Europea in un testo del 2012:

Nel 1996 gli Stati Uniti e il Canada, i più colpiti dal divieto, hanno presentato ricorso all’organo di conciliazione dell’Organizzazione mondiale del Commercio (OMC), ottenendo quindi l’autorizzazione a imporre sanzioni commerciali sui prodotti provenienti dall’UE, il cui valore ammonta rispettivamente a 116,8 milioni di USD e 11,3 milioni di CAD l’anno.

La costante applicazione di dazi di ritorsione su determinati prodotti europei ha ostacolato le esportazioni, con conseguenti perdite di quote di mercato per i produttori comunitari. Alcuni dei principali prodotti europei oggetto delle sanzioni sono carne bovina e suina, formaggio Roquefort, cioccolato, succhi, marmellate e tartufi.

Sostanzialmente, quantomeno fino alla prima decade del XXImo secolo, l’Europa difendeva il suo diritto a inibire la circolazione di carne bovina trattata con ormone della crescita, bandito a scopo precauzionale di tutela della salute dei cittadini entro i propri confini, mentre gli USA ritenevano il mero principio precauzionale inidoneo, esigendo prove scientifiche di un concreto danno alla salute (non accontentandosi del danno in potenza) e, allo scopo, ottenne dall’OMC l’autorizzazione ad imporre sanzioni commerciali ritorsive sui prodotti provenienti dall’UE.

La situazione è quindi rimasta sostanzialmente di stallo, con l’UE a rigettare carni ritenute malsicure e gli USA ad imporre dazi su prodotti Europei altrimenti in grado di essere massivamente presenti sul mercato americano fino al Maggio 2009.

Nel maggio 2009 infatti l’Unione Europea acconsentì a consentire l’importazione di carni non trattate con ormoni della crescita a patto che gli USA rimuovessero i dazi ritorsivi, dandosi tre anni di tempo per ottenere il libero commercio.

Ma le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, e dal 2012 ad oggi gli USA si sono lamentati, in sostanza ed in sintesi, del fatto che la quota di importazione consentita risultasse troppo ristretta e da spartirsi con altri importatori non-statunitensi.

A dire degli Americani, semplicemente non gli era consentito importare abbastanza perché l’accordo potesse valere. A dire degli Europei resta insindacabile il diritto ad inibire le importazioni di un prodotto ritenuto insalubre.

L’accordo era quindi destinato a fallire, e la moribonda trattativa è rimasta in rianimazione confidando nel Partenariato Atlantico (il TTIP) per valutare eventuali mutamenti nella situazione.

Col partnenariato naufragato, l’Amministrazione Obama ha semplicemente cessato l’accanimento terapeutico iniziato nel 2009, dichiarando che il precario bilancio raggiunto era insufficiente, e, sostanzialmente, è ferma intenzione del Governo Americano (per ora, quello in carica per la prossima settimana, verosimilmente il gabinetto Trump potrebbe proseguire lungo la via tracciata) rimettere tutto sul tavolo con un colpo di mano. Tutto o niente, senza compromesso alcuno.

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