PRECISAZIONI Addirittura denuncia per chi aggiunge in gruppi WhatsApp senza consenso?

di Redazione Bufale |

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PRECISAZIONI Addirittura denuncia per chi aggiunge in gruppi WhatsApp senza consenso? Bufale.net

Ci sono tantissime sfaccettature riguardanti app come Facebook e WhatsApp che non conosciamo, soprattutto dal punto di vista legislativo. Alcune tra le pratiche diventate più comuni con le piattaforme di messaggistica, infatti, potenzialmente potrebbero avere degli effetti a dir poco pesanti, come si potrà notare anche dal nostro approfondimento di oggi 1 ottobre. Vedere per credere la questione riguardante l’aggiunta ai gruppi che troppo spesso si deve sopportare e che molte volte crea una situazione per gli utenti assai antipatica.

Un contributo molto interessante in questo senso ci arriva dal sito Qui Finanza, che cita una chiarissima normativa per fare luce su un argomenti che tutti ignorano. Qualcuno tra i lettori di bufale.net, ad esempio, sapeva che l’essere aggiunti a gruppi WhatsApp senza una chiara autorizzazione da parte nostra ci darebbe del materiale per procedere con le vie legali verso l’autore dell’iniziativa? Indipendentemente dal fatto che tale soggetto sia vostro amico o meno, si tratta di un’operazione che va assolutamente approfondita.

WhatsApp

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Si tratta fondamentalmente di un tema ancora oggi di studio e, nella sostanza, non ci sono casi storici in grado di creare precedenti, ma allo stesso tempo la normativa è piuttosto chiara come evidenziato dalla fonte in questione. Andando più a fondo, infatti, emerge che l’utente finale, per intenderci quello che viene aggiunto ad un gruppo WhatsApp senza autorizzazione, è tutelato dall’ art. 167, capo II – Illeciti penali. Questo, più in particolare, quanto disposto:

“Chiunque, al fine di trarne profitto o recare un danno ad altri, procede al trattamento di dati personali, in violazione agli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, è punito con la reclusione da sei a diciotto mesi, se dal fatto deriva nocumento. Se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, la reclusione è da sei a ventiquattro mesi”.

L’esempio pratico è molto semplice da comprendere. Con Facebook si potrebbe parlare di quando si è taggati in una foto, con cui a conti fatti l’autore del post fa sapere ad altre persone e in modo per noi inconsapevole che in un determinato momento ci trovavamo in uno specifico posto. Con WhatsApp il discorso cambia, perché aggiungendovi ad un gruppo di cui fanno parte anche degli sconosciuti (dal vostro punto di vista), chi amministra il gruppo in questione in pratica fornisce loro il vostro numero di telefono. Si attendono le prime prese di posizione concrete tramite sentenze.

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