Pier Paolo Pasolini, le sardine e la solita lettera: “Mi chiedo, mio caro Alberto, se questo antifascismo rabbioso… “

di Luca Mastinu |

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Pier Paolo Pasolini, le sardine e la solita lettera: “Mi chiedo, mio caro Alberto, se questo antifascismo rabbioso… “ Bufale.net

Avevamo già parlato dell’apocrifo di Pier Paolo Pasolini più volte sbandierato dai nostalgici del Ventennio per cercare nel loro dissenso contro l’antifascismo una voce autorevole che non fosse il solito GocceDiLuna o l’ennesimo blogger talmente scaltro da vantarsi di diffondere verità che la stampa non vuole divulgare. A questo giro l’attribuzione allo storico autore di Ragazzi Di Vita viene contestualizzata nel topic del Movimento Delle Sardine e la segnalazione ci arriva dal gruppo Facebook Scatolette Di Sardine:

La citazione arriverebbe da una lettera che lo scrittore, regista, pensatore e drammaturgo avrebbe inviato ad Alberto Moravia nel 1973. Nella sua missiva Pier Paolo Pasolini avrebbe scritto:

Mi chiedo, mio caro Alberto, se questo antifascismo rabbioso che viene sfogato nelle piazze oggi a fascismo finito, non sia in fondo un’arma di distrazione che la classe dominante usa su studenti e lavoratori per vincolare il dissenso.

Spingere le masse a combattere un nemico inesistente mentre il consumismo moderno striscia, si insinua e logora la società già moribonda.

Nel 2016 la lettera inesistente era indirizzata ad Alberto Sordi

Come ogni bufala – perché di questo si tratta – queste parole mai scritte da Pier Paolo Pasolini hanno subito, negli anni, diverse variazioni. Lo apprendiamo da un articolo pubblicato dalla Fondazione Elia Spallanzani il 3 marzo 2018 e ci accorgiamo che una prima versione era stata pubblicata sul sito Stanza 101 nel 2016, un sito che si vanta di andare contro il pensiero unico. Tale versione, ora rimossa e nemmeno presente in forma archiviata, si presentava addirittura come una lettera indirizzata ad Alberto Sordi, non Moravia.

In ogni caso sul web non si trovano versioni della lettera precedenti il 2016.

Pier Paolo Pasolini contro il consumismo

Come riportavamo nel precedente articolo, sul sito Internazionale il gruppo Wu Ming ha rilasciato un’eccellente analisi in un articolo pubblicato il 4 giugno 2018. In primo luogo, Wu Ming e Internazionale ci insegnano che l’invettiva di Pier Paolo Pasolini contro il consumismo non era ancora iniziata, in quel 1973 nel quale i viralizzatori collocano la missiva tra Pasolini e Moravia (o Sordi?). Piuttosto si può parlare del 1974, come riportava un articolo pubblicato dal Corriere della Sera nel 1974 dal titolo “Gli italiani non sono più quelli” e pubblicato su un blog interamente dedicato allo scrittore comparso.

Più precisamente, l’articolo Gli italiani non sono più quelli era stato pubblicato sul quotidiano il 10 giugno 1974 per poi essere inserito nella raccolta Scritti Corsari con il titolo Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia”. Con queste fonti dimostriamo, e lo ribadiamo, che il dissenso di Pier Paolo Pasolini contro il consumismo non poteva essere nato nel 1973, bensì abbiamo una prima traccia in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera nel 1974.

Per approfondire ulteriormente vi invitiamo alla lettura di un’analisi ancora più approfondita pubblicata dagli stessi di Wu Ming sul sito del Centro Studi Pier Paolo Pasolini.

Da “arma di distrazione di massa” ad “arma di distrazione”, l’importanza di una locuzione

Quando si ha a che fare con un semplice meme privo di fonti è d’uopo far caso ai dettagli. Wu Ming, Internazionale e un po’ di storia del linguaggio ci insegnano che la locuzione “distrazione di massa” – inevitabilmente forgiata come gioco di parole dall’originaria espressione “distruzione di massa” – poi modificata recentemente in “arma di distrazione” (senza “di massa”) nei meme a odore di bufala e viralità, non esisteva fino al 1997 con l’uscita del film Weapons Of Mass Distraction e specialmente in Italia è stata sdoganata nel 2003 con lo show di Sabina Guzzanti Raiot – Armi di distrazione di massa.

I ricercatori di Wu Ming, ovviamente, hanno effettuato una ricerca più approfondita della nostra e sinteticamente riportano che non vi è traccia di una tale affermazione in alcun carteggio tra Pasolini e i suoi contemporanei.

Parliamo di bufala, ancora una volta, perché nemmeno la nuova versione del meme è da considerarsi vera, non esistendo alcuna fonte che attesti tale citazione tra gli scritti di Pier Paolo Pasolini.

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