Ci segnalano i nostri contatti un video in lingua algerina in cui Imane Khelif dichiara di essere nata uomo. E parliamo della donna pugile colpita da una serie di fake news, tutte legate alla sua presunta transessualità, stimolate da quella IBA (associazione pugilistica) sconfessata dal CIO e vicina al Cremlino di Putin.
Si tratta fondamentalmente di un caso politico che fa parte della c.d. “guerra ibrida” che colpisce i simboli stessi dell’Occidente, proseguendo la sterile ma efficace polemica sul baccanale al Tableau Olimpico diventato “un’Ultima Cena Trans”, il “toro del Trocadero” diventato un simbolo satanico e mesi di incessanti attacchi dei troll filorussi.
Adesso avremmo Imane Khelif che si descrive con pronomi maschili alla “TV Algerina”, dimostrando quindi di essere un uomo.
Partiamo dai fatti: nell’attuale Algeria, andare in TV ad ammettere di essere una persona trans o, peggio, un uomo travestito, equivale di fatto a condannarsi alle conseguenze più grave, essendo l’omosessualità colpita da leggi particolarmente restrittive.
Per lo stesso motivo per cui nessuno andrebbe in TV ad accursarsi di crimini a caso, nessuno sano di mente andrebbe in TV ad “accusarsi” di transessualità.
Laddove la didascalia accusa la Khelif di aver detto “eravamo ragazzini”, la sua voce pronuncia la parola drari, termine che nel dialetto locale più che con bambini andrebbe correttamente tradotto come progenie, ovvero un termine generico per intendere il bambino di ambo i sessi.
Affine per natura al “child” inglese, usabile in modo intercambiabile per descrivere i bambini in generale, il figlio (son) e la figlia (daughter).
Imane Khelif ha quindi ammesso di essere stata una bambina, cosa ovviamente naturale nell’ordine delle cose.
Recentemente il padre di Imane Khelif ha pubblicato un estratto dei documenti di nascita della stessa, prelevato allo scopo, a certificare il sesso biologico e legale della stessa.
Questo non ha impedito la grottesca salva di fake news che abbiamo visto in questi giorni, perlopiù di fonte Cremlino, che stanno colpendo anche Wikipedia e i social.
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