Il selfie di Salvini con il figlio del boss Matrone

di Luca Mastinu |

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Il selfie di Salvini con il figlio del boss Matrone Bufale.net

Martedì 10 settembre Metropolis ha riportato la notizia del selfie dell’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini in compagnia di M. Matrone, figlio di Franchino “a’ belva” Matrone, boss della camorra di Scafati.

La foto incriminata è stata pubblicata dallo stesso figlio del boss durante la visita del leader della Lega a Vignola (Modena), con la didascalia: “Un caffè insieme al mio caro amico Matteo”. A seguito delle polemiche, M. Matrone ha rimosso il post, ma non abbastanza in tempo per sfuggire alla stampa. Come riporta Repubblica il vezzo di Matteo Salvini di intrattenersi con i suoi sostenitori per farsi immortalare nei selfie lo ha portato, ingenuamente, ad accettare una foto insieme al ragazzo, di cui egli non conosceva la provenienza. Lo ha spiegato Salvini stesso, che in una replica ha dichiarato: “Faccio migliaia di foto ogni giorno, non chiedo la carta d’identità a chi mi ferma per strada“.

Repubblica, inoltre, ricostruisce brevemente la carriera criminale di Franchino “a’ belva” Matrone:

A., detto M., è il figlio di uno dei boss più sanguinari dell’area vesuviana, Franchino, arrestato nel 2012 ad Acerno dopo una lunga latitanza, su cui già dal 1984 pendeva l’accusa di associazione a delinquere insieme ad un gruppo di criminali vicini a Carmine Alfieri e Pasquale Galasso. Dal 2007 Franchino aveva fatto perdere le sue tracce, dopo che i giudici del tribunale di Nocera Inferiore avevano notificato il mandato di cattura a suo carico per il coinvolgimento nell’omicidio di Salvatore Squillante nel 1980 in un agguato di camorra.

Forte la posizione presa dai parlamentari del Movimento 5 Stelle. La commissione Parlamentare Antimafia, nelle persone dei rappresentanti campani Andrea Caso, Francesco Urraro e della portavoce Virginia Villani ha espresso il suo sgomento:

Il ministro del ‘più selfie per tutti’ ci ha abituati in 14 mesi ad ogni tipo di foto, ballo ed esibizione canora, ma, se la politica balneare al Papeete poteva farci pure sorridere, qui invece c’è da piangere perché getta ombre su una persona che è stata ministro dell’Interno fino al giuramento del nuovo Esecutivo.

Al contrario l’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, ha manifestato solidarietà all’ex Ministro dell’Interno in un lungo post su Facebook:

GLI #ITALIANI VERRANNO ANCHE PRIMA DEGLI #zIMMIGRATI MA SICURAMENTE PRIMA DEI #CAMORRISTI: NON LASCIARE CHE STRUMENTALIZZINO

Caro #Matteo,
non sono un militante della Lega ma dal 94 un Forzista che ha fatto politica con passione infinita, ricoprendo tanti ruoli istituzionali e per 9 anni Sindaco della mia #Scafati, comune di 50 mila abitanti tra Napoli e Salerno.

Nel 2017 siamo stati #sciolti dal Ministro Minniti su una serie di presunzioni NESSUNA supportata da un atto amministrativo, una foto, un incontro, una intercettazione e neppure da una dichiarazione di un collaboratore di giustizia che mi accusasse di aver dato alla camorra un #cetriolo.

Quando ti ho visto in #foto, ad un raduno della Lega, in un selfie, a prendere un caffè con M. A. Matrone, con precedenti penali, figlio del più pericoloso #boss di Scafati e dell’Agro, quello che secondo la Procura era il tramite dei #Casalesi, FRANCHINO a’ #BELVA, catturato, dopo una lunga latitanza nel 2012, ho tremato io per te per la strumentalizzazione che avrebbero messo in campo, cosa che puntualmente è accaduto sui giornali locali questa mattina, così come, pur di farmi apparire vicino al clan fotografarono in prima pagina mio fratello titolando “Il fratello del sindaco sulla barca del figlio del boss Matrone: era solo una #barca che #somigliava.

Se nel selfie postato in un bar il giovanotto aggiunge “..il piacere di un #caffè con un mio amico”, senza che nessun politico locale, della coalizione che #TU hai sostenuto alle ultime amministrative, a me ferocemente avverso negli ultimi anni, intervenga, allora siamo in quel clima di #OMERTÀ che è difficile da sradicare.

Devi sapere e ti invito a leggere il decreto di #scioglimento del Ministro Minniti che nella motivazione principale individua due imprese funebri vicino alla camorra, operanti una da decenni, che avremmo favorito perché non pagavano l’#affissione dei manifesti funebri da sempre, semplicemente perché avremmo ritardato la procedura di gara: di una delle due imprese risulta essere proprietario, a leggere il suo profilo fb, proprio il tuo amico di caffè.

Proprio così, ancora oggi ne è il proprietario, perché per lo Stato erano CAMORRISTI finché il #Sindaco ero io per poi essere di nuovo autorizzati dalla Commissione Straordinaria e dai funzionari del Ministero qualche ora dopo lo scioglimento con una #autorizzazione a seguito di #AUTOCERTIFICAZIONE del certificato antimafia.

Nulla è valso che da sindaco, al braccio dx del Boss, papà del ragazzo che si definisce tuo amico davanti ad un caffè, nel silenzio assordante delle istituzioni, ho #acquisito al patrimonio comunale una proprietà con un #abuso che gli stessi avevano realizzato quando amministravano gli amici di Minniti e nulla è valso che, dalle intercettazioni dei #Ros, in occasione degli abbattimenti in danno, questi, al telefono, parlando tra loro mi minacciassero con frasi “…dobbiamo fargli uscire il #sangue a quell’uomo di merda e sua moglie che è consigliere regionale…”.

Io mi sto facendo il mio #processo dopo uno scioglimento di consiglio comunale ingiusto e una detenzione #preventiva per uso dei #social ma sono preoccupato per te e la cattiveria che già stamattina hanno cominciato a mettere in campo. Ti scrivo perché sono certo che nella tua agenda politica vengono prima gli italiani, magari anche prima degli immigrati ma soprattutto prima di quella montagna di #merda che si chiami CAMORRA, MAFIA, NDRANGHETA O SACRA CORONA UNITA.

Ti scrivo semplicemente per chiarire la tua #lontananza da quel post di quel figlio del Boss che mai ha preso le distanze #sconfessando pubblicamente la sua famiglia, suo padre per il camorrista che è o è stato.

Lo scatto è dunque vero e lo stesso Salvini ha fatto capire di non essere a conoscenza dell’identità del figlio del boss.

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