Il mercato della nostalgia è sempre aperto: riflessioni social

di Bufale.net Team |

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Il mercato della nostalgia è sempre aperto: ci è capitato di pensarci leggendo una arguta riflessione della pagina Uomo Morde Cane, che vi linkiamo perché possiate leggere.

Il senso del discorso è la “sindrome di Pollyanna”. Leggerete il testo completo sulla pagina. Merita una visita, dovreste leggere almeno questa riflessione.

Ma il nodo focale è questo
Razionalizzare è difficile per chi vuole acquistare un prodotto emozionale. E questi lo vogliono a tutti i costi.
Non erano migliori quei tempi.
Non si stava meglio su una macchina piccola, scomoda, priva di climatizzatore, in cinque.
Era tutto incredibilmente pericoloso, faticoso, illegale, inquinante, mortale.
Se invece, vedendo una foto simile, associamo a essa immagini positive, c’è un solo e semplice motivo, soggettivo: ci riporta all’infanzia, con tutto il suo carico emozionale, che però tracima ovunque fino a coprire anche situazioni oggettivamente negative.
Era tutto bello perché eravamo piccoli.
Siamo in piena Sindrome di Pollyanna: ricordiamo più facilmente eventi positivi, accantonando i negativi e l’effetto nostalgia amplifica il tutto, ammantando sofficemente di una coltre dolce e candida situazioni che, vissute oggi, ci farebbero imprecare come… Come già facciamo sui social, per molto, molto meno.
Sono pagine che giocano su nostre fallacie e debolezze.
Che male fanno?
Nessuno, se abbiamo consapevolezza della cosa, altrimenti siamo sempre là: ti entro in casa con una falsa promessa e ti vendo un aspirapolvere di cui non avevi bisogno e solo dopo ti accorgi che non hai saputo decifrare la realtà.

Il Mercato della Nostalgia è facile.

Il mercato della nostalgia è sempre aperto: riflessioni social

Il mercato della nostalgia è sempre aperto: riflessioni social

Guardi una cinquecento sovraccarica e ti partono le fantasie di “Ma che ne sanno i duemila”.

Il mercato della nostalgia è sempre aperto: riflessioni social

Nel nostro piccolo, nel campo delle “informazioni non meglio verificate” ci siamo finiti dentro anche noi.

Ricorderete un nostro precedente editoriale dove i Baby Boomer orgogliosi rivendicavano la loro superiorità rispetto alla “generazione Greta” sciorinando allegri sprechi, sciupii e oggetti del desiderio della loro generazione che non erano più in grado di riconoscere come tali.

Una sorta di sordido centone iniziato con “voi siete la prima generazione che” dove, con una cecità selettiva pari a da echeggiare storici capisaldi della fantascienza come “Atto di Forza” e “Se scappi ti Cancello”, interi gruppi di baby boomers dimostravano di aver obliterato dalla loro mente ogni ricordo negativo o inadatto a raffigurarsi come “la migliore generazione” conservando solo quelli belli.

Per giorni avemmo nella pagina dei commenti adolescenti degli anni ’80 che spergiuravano di non aver mai visto un Apple II o un Commodore 64, e se li avevano visti non erano computer quindi non erano come i giovani di oggi, “signora mia”

Ma anche pronti a giurare di non aver mai visto un ingorgo stradale dal vivo (già presenti negli anni ’60), di non essere mai stati Paninari e di non aver mai avuto uno StarTAC o un Telital in tasca.

Sostanzialmente pronti a giurare che siccome si stava meglio quando si stava peggio, loro erano la generazione migliore.

Pia aspirazione che in realtà comincia dai tempi di Esiodo.

Da quando esiste la storia, nel senso di testimonianze per iscritto dello sviluppo umano, esisterà qualcuno pronto a giurare di aver visto coi suoi occhi un tempo mitico di gioia e felicità e di essere quindi in grado di venderlo ai suoi consimili.

L’oblio selettivo della memoria

Nessuno sarà pronto di ammettere di aver invocato ogni santo del paradiso perché il floppy drive del suo Commodore 64 (il 1541) nacque notoriamente inaffidabile e con tempi di caricamento biblici a causa di un baco risalente al VIC20.

Nessuno di quelli che oggi scrivono “ai miei tempi bastava un solo stipendio e la madre restava a casa, non come adesso che i giovani vogliono l’iPhone” ammetterà che, semplicemente, all’epoca l’iPhone non esisteva. E, a giudicare dall’accoglienza riservata allo StarTAC, dal valore di due milioni di lire, ai cercapersone e, ancora prima, ai computer e console 16 e 8 bit, se ci fosse stato un iPhone si sarebbero venduti la madre casalinga per averlo.

Madre che probabilmente avrebbe anche voluto essere indipendente, ma si doveva beccare un ecosistema sociale per cui il mondo del lavoro le era inibito e ancora negli anni ’70 si ritrovava a doversi difendere da cose poco gradevoli come l’accusa di essere stata “passiva durante uno stupro” e combattere per il diritto all’IVG.

In una sorta di cancellazione selettiva della memoria svaniscono gli anni di Piombo, le lotte per i diritti della donna e del lavoratore, le contestazioni giovanili.

Ma anche i Paninari, l’austerity, il Muro di Berlino e le difficoltà del Dopoguerra.

I social prendono le “lenti rosa della nostalgia” e le trasformano in pappina precotta. Facile da vendere, facile da comprare.

“Si stava meglio quando si stava peggio, signora mia, che ne sanno i duemila, clicca qui per un sorso di felicità”

E cosa fa il nostalgico? Clicca.

Il mercato della memoria è come le caramelle

Ricorderete una bufala vintage degli anni ’80 che di tanto in tanto ritorna: lo spacciatore invisibile che davanti alla scuola regala le caramelle di droga.

Un “Clicca qui se ricordi quanto era bello andare in vacanza in dieci in una 600 senza cinture di sicurezza”, “condividi se ricordi una società felice in cui donna schiava zitta e lava e il maschio al lavoro” non è gratis.

“Condividi qui se ricordi Stanlio e Ollio, mica gli Avengers che signora mia dove andremo a finire, queste cose americane!” non è gratis.

Se la merce è gratis, significa che il prodotto sei tu.

Significa che non solo lo spacciatore invisibile ti ha appena dato le caramelle che ti renderanno dipendente, ma ti sei trangugiato tutta la bustina e, inconsapevole, stai correndo per la piazza virtuale di Internet distribuendo tu stesso quelle pillole di nostalgia foraggiando un intero mercato della nostalgia.

Mercato che diventa sovente un cavallo di Troia per ogni cosa.

Vendo una pagina, vendo un prodotto, vendo idee. E conquisto un pubblico.

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