Il caso della concessionaria Ferrari che perde la causa per una emoji non è così semplice

di Shadow Ranger |

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Il caso della concessionaria Ferrari che perde la causa per una emoji non è così semplice Bufale.net

La viralità si ottiene con poco: ci segnalano i nostri contatti un video TikTok che mostra un titolo col caso della concessionaria Ferrari che perde la causa per una emoji.

Il caso della concessionaria Ferrari che perde la causa per una emoji non è così semplice

Il caso della concessionaria Ferrari che perde la causa per una emoji non è così semplice

Nessuna spiegazione, infatti nei commenti qualcuno timidamente la chiede, molta indignazione random. Ma la storia è complessa, si è consumata a Gennaio di quest’anno ma comincia nel 2022.

Il caso della concessionaria Ferrari che perde la causa per una emoji non è così semplice

Siamo a Monaco di Baviera, nel 2022: un utente decide di comprare una Ferrari SF90 Stradale, ibrida della Casa di Maranello, chiedendo l’aggiunta di una serie di personalizzazioni.

Parliamo di una supercar del valore di 600mila euro, personalizzata per ulteriori 170mila: per un problema di batterie la consegna viene rimandata e di rimando in rimando si arriva a maggio del 2025.

A maggio la concessionaria comunica un nuovo rimando: il venditore risponde con “Oops” ed una emoji preoccupata e decide di preparare una rescissione del contratto.

Il venditore decide che l’emoji a suo dire significava acquiescenza e accettazione incondizionata del ritardo e del contratto, il cliente insiste che aveva reso ben chiaro che se il veicolo non fosse arrivato entro il 31 maggio 2022 avrebbe rescisso il contratto e “Ooops” per messaggio non significava certo di aver cambiato idea.

La faccenda è arrivata fino alla Corte di Appello di Monaco, che ha ribaltato il primo grado che dava ragione al negoziante. Il consenso deve essere esplicito, e non può essere interpretato dalle emoji, deve essere libero, e non si può costruire un immaginifico castello a partire da un “oops” diventato un “Ora ho cambiato idea e non voglio più disdire niente”.

Il risultato? Al concessionario resta l’automobile, e il rischio paventato in atti di venderla in perdita se l’acquirente successivo rifiutasse le personalizzazioni.

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