DISINFORMAZIONE Austria, la figlia morente in ospedale è in stanza con una musulmana, il padre non può entrare a farle visita – bufale.net

di Redazione-Team |

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DISINFORMAZIONE Austria, la figlia morente in ospedale è in stanza con una musulmana, il padre non può entrare a farle visita – bufale.net Bufale.net

L’indinniazione è una bestia complicata da domare. Basta avere pochi ingredienti, quelli che abbiamo più volte descritto nella bufala del giustiziere: una vittima, spesso occidentale, sempre sofferente, un carnefice, sovente uno straniero o di altra minoranza invisa alla plebaglia della Rete che sottopone la vittima ad un gravissimo ed umiliante torto. La vittima a questo punto chiede vendetta e catarsi, ma le autorità sorde al suo dolore la negano: così non resta altro che appellarsi agli Indinniati, la Folla Manzoniana 2.0 che riversando il loro rabbioso odio sul “nemico” riporteranno l’ordine.

E tale è la fame di condivisioni che, a volte, una notizia può apparire su quotidiani nazionali con questo titolone:

Austria, la figlia morente in ospedale è in stanza con una musulmana, il padre non può entrare a farle visita

A leggere i titoloni roboanti fino al testo, scopriamo una storia che è una bufala del Giustiziere da manuale: R.S., avvocato Austriaco, è padre di una ragazza gravemente inferma, sull’orlo della morte, pronta all’estremo addio.

Entra in scena l’Altro, il “nemico”, l'”ostile”, incarnato da una anonima signora col velo (perché, come i mostri cattivi dei cartoni animati, il nemico di turno non merita neppure di avere un nome), che urlando ed invocando i precetti dell’Islam come una sorta di perversa formula magica, ordina agli infermieri-Bravi di strappare via il rispettabile ed occidentale avvocato R.S. dalle braccia della sua figlia morente, condannandola ad una morte solitaria e strappalacrime sotto gli occhi della malvagia Signora col Velo.

Ma tale oltraggio, nella versione giunta alla blogosfera, non è impunito: R.S., avvocato e quindi portatore di quell’autorità che nell’immaginario collettivo consegna all’avvocato il potere delle leggi, come un moderno Invincibile Shogun costringe l’ospedale a chiedere perdono per essersi piegato all’empio volere della straniera e stimola il Popolo della Rete riunito a fare giustizia diffondendo una storia di abusi… che non è mai accaduta.

Scopriamo infatti, come ci ricorda il Messaggero Veneto che ogni singolo elemento di questa storia è stato grandemente esagerato, se non del tutto mistificato, per fomentare indinniazione facile

La donna araba cattiva ha impedito al padre di vedere la figlia morente!

Morente? Affatto!

Scopriamo infatti che

Andiamo con ordine. Innanzitutto C. S. (la figlia) è gravemente ammalata, ma non è morente. Ogni sei mesi deve sottoporsi a un’infusione, per la quale prudenzialmente viene trattenuta in ospedale 24 ore. L’immagine del padre, che tiene la mano della figlia morente, è dunque frutto di fantasia: la figlia non è morente e il padre può tenerle la mano quando vuole, per sei mesi di seguito, salvo in quelle 24 ore in cui deve sottoporsi all’infusione in ospedale.

Quindi la prima parte dell’immagine poetica e piena di pathos è falsa: certo, convivere con la sclerosi multipla, come ricorda BUTAC, non è esattamente una passeggiata nel parco, anzi è piuttosto problematico.

Ma si tratta ormai di un evento di routine: un’infusione seguita da 24 ore di controllo. Nessun padre strappato dalle braccia della figlia morente e disperata, nessun oltraggio all’ultimo respiro di una moribonda: C.S., in queste ore, è viva ed a casa, tranquilla e serena.

L’ospedale si piega ai precetti Islamici! Eurabia! Sharia!

Anche qui, la verità è piuttosto lontana.

Scopriamo piuttosto che

Secondo punto. La donna islamica, con cui C. ha condiviso la camera, è reduce da un parto difficile e il neonato prematuro non può essere allattato al seno. Per questa ragione la donna è costretta a tirarsi il latte, per poi farglielo bere da un biberon. Lo fa, naturalmente, quando non è orario di visite, per non spogliarsi mentre nella camera (che ospita tre letti) sono presenti dei visitatori.

I coniugi Salfenauer erano giunti al capezzale della figlia al di fuori dell’orario fissato per le visite, quando, a rigore di regolamento, non sarebbero potuti entrare. Ma anche negli ospedali austriaci in fatto di orari si è piuttosto elastici: ciò che importa è il benessere dei pazienti. Senonché, una volta nella stanza, di proposito o per distrazione, R. S. aveva sbirciato oltre il paravento, sorprendendo l’altra ricoverata a seno nudo, con il tiralatte in mano. La donna aveva protestato e l’uomo si era subito ritratto. Ma poco dopo era tornato a sbirciare e a questo punto la neo-mamma aveva dato in escandescenze, richiamando l’attenzione dei sanitari.

Come ricorda anche il noto fact checker David Puente, tirarsi il latte, ovvero armeggiare a seno nudo con delle coppette per poi usare quel latte per sfamare un bambino è un’operazione molto intima e delicata.

Di certo non quel genere di operazione che vorresti effettuare con un avvocato austriaco che ti guarda le tette a sopresa.

L’Islam qui non c’entra niente: datosi che

  1. la presenza di C.S., degente, era necessaria per la terapia
  2. la presenza della donna islamica era necessaria per ottenere il latte necessario al di lei figlio
  3. la presenza di R.S. a sbirciare oltre il paravento, per distrazione o altro, osservando il seno nudo della donna di cui al punto due non era né necessaria né voluta

Il personale dell’ospedale, correttamente, ha allontanato il terzo fattore di questa complessa equazione, nonché il fattore meno utile

Torniamo ora all’analisi finale del Messaggero Veneto

Ora eliminiamo subito da questi titoli la storia della figlia morente, che è falsa, e proviamo a immaginarci, per un solo momento, che la puerpera non sia una fanatica musulmana, ma una viennese doc, nata a Vienna da genitori viennesi. Ce l’avete davanti agli occhi? Bene, immaginiamo ora di vederla a letto, a seno nudo, che tira il latte, preoccupata per il suo piccolo appena nato e sottopeso, che non può allattare direttamente. E immaginiamoci, a questo punto, che nella stanza entrino degli estranei e che lo facciano fuori orario di visita, benché non ce ne sia affatto bisogno, perché devono solo accompagnare una loro figlia per una terapia che richiederà poche ore, dopo di che se ne tornerà a casa. E, mentre sono lì e si intrattengono a chiacchierare con la figlia, il padre si sporge oltre il paravento e dà un’occhiata alla donna con il tiralatte. Viene redarguito dalla neomamma e si ritrae, ma poi il curiosone sbircia di nuovo. Credete che una donna viennese – non una fanatica islamica – non avrebbe reagito allo stesso modo, nei confronti di quell’intruso, maleducato recidivo?

E fate anche voi un esercizio di empatia. Siete una donna, una puerpera. Siete nella stessa stanza con una donna molto malata, giusto? Molto malata, ma non in pericolo di vita, che si intrattiene coi suoi parenti.

Provate empatia, certo, ma ne provate anche per il vostro bambino altrettanto malato, altrettanto in pericolo (essendo nato sottopeso e in cure dove voi non potete vederlo), e fate l’unica cosa che potete fare per il vostro piccolo: a seno nudo, spremete il vostro latte perché sia portato al vostro cucciolo.

Improvvisamente un uomo di mezza età appare da dietro il paravento e vi fissa le tette.

A questo punto, giustamente, lo mandereste via: pietà o no, concordo che sia una cosa assai poco gradevole (eufemismo).

Il signore di mezza età ritorna alla carica, e voi non avete né la forma mentis e né modo per appurare se continui ad apparirvi davanti per distrazione o curiosità, e non capite cosa lo spinga.

Non so voi, ma chi vi scrive questo articolo probabilmente avrebbe lanciato oggetti all’indirizzo di un potenziale importuno, o quantomeno, come ha fatto la donna, chiesto il soccorso del personale dell’ospedale.

Vieppiù che la presenza del potenziale importuno, come detto non era poi così necessaria, e sicuramente non lo era oltre quel paravento.

A questo punto, il Krone Zeitung, giornale tedesco, introduce anche ulteriori dettagli sulla vendetta del padre

Il reclamo “formale del padre”: “Vedete che l’Ospedale si è scusato?”

Come nel peggior episodio di Scooby Doo, dove l’agente immobiliare vestito da mostro della laguna si tradisce confessando ai quattro giovani ed al loro cane un dettaglio che solo il mostro della Laguna poteva sapere, anche il buon C.S. ha compiuto lo stesso errore.

Probabilmente irritato dalla mala cacciata, ha sì sporto reclamo all’ospedale, ma senza ottenere la catarsi sperata

Eine vollverschleierte muslimische Patientin im Wiener AKH verlangt vehement, dass ein Vater, der seine schwer kranke Tochter (23) begleitet, aus dem Zimmer geht. […] Die Familie, die sich in Anbetracht des in Österreich geltenden Verhüllungsverbotes auch darüber wunderte, dass die Frau im öffentlichen Spital einen Niqab trug […]

In pratica il padre aveva deciso di sporgere reclamo dichiarando che l’ospedale a suo dire avrebbe consentito l’accesso ad una donna col volto celato di intrattenersi in ospedale, violando la legge.

Cosa che, naturalmente, equivale all’aperta confessione di essere andato dietro il paravento a riscontrare la presenza di una donna a petto nudo e col volto celato, quindi guardandone il petto nudo, quindi giustificando la sua cacciata

Le presunte scuse?

Dass die Muslima im Krankenzimmer einen Niqab trug, sieht zumindest das Spital nicht als Gesetzesverstoß: „Zum vorliegenden Fall ist festzuhalten, dass das Anti-Gesichtsverhüllungs-Gesetz auf PatientInnenzimmer nicht anzuwenden ist, da diese keine öffentlichen Orte im Sinne des Gesetzes darstellen.“

L’ospedale ha in pratica dichiarato al padre di famiglia che una stanza di ricovero, peraltro ulteriormente transennata da un paravento, non è un luogo pubblico e quindi C.S. non aveva diritto di reclamare di aver visto una donna velata (ma a seno nudo) in un luogo pubblico quando era evidentemente in una stanza chiusa, ed in una partizione della stanza dove non avrebbe dovuto essere.

Tanto rumore per nulla, sostanzialmente.

 

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