BUFALA Ragusa: L'hanno messo in croce, semplicemente per inscenare una protesta anticristiana – Bufale.net

di David Tyto Puente |

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BUFALA Ragusa: L'hanno messo in croce, semplicemente per inscenare una protesta anticristiana – Bufale.net Bufale.net

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A dicembre il sito Catena Umana si è proprio dato da fare. Dopo i copia-incolla dal sito di Lercio, quella contro i Rom e quella su Beppe Grillo, pubblicano una bufala vecchissima con un articolo intitolato “Ragusa: L’hanno messo in croce, semplicemente per inscenare una protesta anticristiana“.
La bufala, pubblicata da Catena Umana il 22 dicembre 2014, venne diffusa in Italia nel 2013 da un membro dell’ufficio stampa del PDL del Consiglio regionale piemontese, Mario Bocchio. Fu lui a pubblicare nella sua pagina Facebook la foto e il seguente:

In Italia gli stranieri non solo ci mangiano per traverso, ma crocifiggono anche i nostri animali. Cos’ha da dire la ministra Kyenge? L’hanno messo in croce, semplicemente per inscenare una protesta anticristiana. E’ successo in Italia, a casa nostra, nel Ragusano. A farlo sono stati alcuni “coloureds”, limitiamoci a chiamarli così, di fede musulmana. Esprimo tutto il mio sconcerto per questo episodio d’inciviltà e di gratuita crudeltà. Al di là dell’amore e del rispetto che si può avere per qualunque essere vivente, dunque anche per gli animali, la vicenda ha qualcosa di turpe e di inqualificabile. I veri italiani, non quelli che sempre si piegano a novanta gradi nel nome del buonismo, non meritano di essere accomunati a questi selvaggi, individui che dovrebbero essere puniti severamente e che io auspico vengano individuati soprattutto per distinguerli dai tantissimi cittadini onesti che si occupano con tanto volontariato della tutela degli animali e dell’ambiente, e che sicuramente provano lo stesso disgusto che stanno provando, nei confronti di tanta inciviltà, tutti coloro i quali leggono o sentono questa notizia. E poi sorge spontanea una duplice domanda: se questi signori non si trovano bene in Italia, perché non se ne tornano al loro paese? Ed ancora: cosa sarebbe successo a uno di noi se fosse andato in uno stato musulmano e avesse crocifisso l’immagine di Maometto?

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Lo stesso Mario Bocchio, successivamente, pubblicò un post in sua difesa:

Per meglio approfondire il fatto vado a consultare Google che mi rimanda ad un preciso sito, tale “Ideazampa”, che riportava la fotografia dell’animale crocifisso da un gruppo di persone di colore e uno specifico episodio realmente accaduto in Sicilia, con tanto di denuncia da parte degli attivisti animalisti.
La truculenta immagine accompagnava la notizia, in maniera tale che è stato logico riferirla al fatto. Successivamente al polverone creatosi a seguito del mio post, il sito “Ideazampa” ha deciso di precisare con una didascalia che la foto non si riferiva alla notizia, ma ad un episodio successo in Africa.

L’episodio specifico citato da Bocchio potrebbe essere quello riportato anche dall’Ansa, e riguarda una notizia del 7 settembre 2012:

(ANSA) – VITTORIA (RAGUSA), 7 SET – Sevizie su un gatto in una campagna del vittoriese: l’animale e’ stato legato e messo in croce su un palo. Gli autori del brutale gesto non si sono accontentati di infliggergli questa punizione e per un sadico divertimento hanno cercato di impallinarlo con numerosi colpi di fucile. Due coniugi si sono accorti del gatto, lo hanno liberato affidandolo alle cure di un veterinario. La coppia ha presentato denuncia contro ignoti per maltrattamenti di animali.

Il fatto venne smentito pochi giorni dopo, esattamente il 12 dicembre 2012, dove i gatti segnalati, alla fine, erano due:

GEAPRESS – Nessun gatto è stato crocifisso a Vittoria o in altre zone della provincia di Ragusa. Due fatti gravissimi, comunque, ma nessuna rivisitazione mistica messa in atto per torturare i due poveri gattini. In un caso, poi, è pressoché certo che il povero animale sia rimasto bloccato da un “cappio” per conigli, molto in uso tra i bracconieri.

La bufala, ossia l’associazione tra l’immagine e la presunta azione ad opera di musulmani contro i cristiani, ha origine il 16 settembre 2012. Non in Italia, ma in Nigeria.
L’origine della foto? Si può riferire veramente ad una protesta anticristiana da parte di islamici rabbiosi? Niente affatto!
Per prima, nella religione islamica il gatto è sacro e apprezzato dallo stesso Maometto. Per seconda cosa, in molti siti di debunking la foto in questione viene collegata ad un fatto avvenuto nel 2011 e non era riferita a dei musulmani, ma a dei cristiani del Ghana che avevano inferto una cruenta punizione ad un gatto randagio, forse ritenuto un demone. La realtà, invece, sembrerebbe essere un’altra e cioè che la foto sia stata scattata altrove.
Abbiamo recuperato l’immagine chiamata “gato-crucificado2.jpg” da uno dei tanti siti che l’hanno diffusa, ne abbiamo analizzato i dettagli Exif e abbiamo scoperto quanto segue:

  • la foto venne scattata il 9 ottobre 2010;
  • per scattare la foto venne usato un iPhone;
  • le coordinate GPS riportate fanno risalire il fatto in Angola (abbiamo usato il servizio GPS del sito Geoimgr.com).

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L’Angola, ex colonia portoghese, è un Paese a grande maggioranza di religione cristiana, mentre solo l’1-2% professa l’Islam (ala sunnita).
Una scena simile venne fatta nel 2010 da dei ragazzi dell’Illinois, ritenuti cristiani.
Mario Bocchio, nella sua difesa, affermò di aver richiesto un’interrogazione parlamentare. Se consultava meglio Google, come diceva di aver fatto, magari scopriva qualcosa in più invece di scomodare il Parlamento:

Per fare completa luce sul fatto denunciato dal sito E NON DAL SOTTOSCRITTO, ho immediatamente richiesto la produzione di un’interrogazione parlamentare e ho scritto al prefetto di Ragusa, in maniera tale che si possano avere anche i chiarimenti per cui un sito abbia potuto liberamente accostare la fotografia dell’animale crocifisso ad una serie di episodi successi in Sicilia e perché la stessa continui ad essere in rete.

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La bufala venne ripresa anche dal leghista Leonardo Muraro, Presidente della Provincia di Treviso, a inizio 2014.
Insomma, Catena Umana non è da meno.

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