BUFALA Giornalista inglese aggredito alla stazione Termini, filmava degrado – bufale.net

di Redazione-Team |

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BUFALA Giornalista inglese aggredito alla stazione Termini, filmava degrado – bufale.net Bufale.net

La Controinformazione ha un buffo vizio: si erge ad araldo dell’Informazione per differenza

Sostanzialmente, vive, e si diffonde, secondo la teoria per cui accusando l’Informazione ufficiale di mentire, possa a questa sostituirsi ed averne tutte le attribuzioni. Un po’ come se uno studente di liceo potesse, di fronte ad un insegnamento sgradito del suo professore, sostituirsi a lui in cattedra e cominciare ad insegnare quello che più gli aggrada col plauso popolare del gruppo di Lucignoli e Franti che, contenti del nuovo andazzo, gli darebbero legittimazione.

Ci viene segnalata così una velina di Voxnews:

Tommy Robinson, collaboratore di Rebel Media e fondatore della English Defence League a Roma per filmare il degrado multietnico della stazione Termini è stato aggredito durante il reportage

Con un filmato che asseritamente conterrebbe un “pestaggio”.

Ma ecco che ci basta fare un giro nella vituperata Informazione Ufficiale per scoprire che di questo video di vero non c’è neppure il nome del personaggio ritratto, che infatti è uno pseudonimo

Riferisce infatti VICE, con dovizia di fonti che lasceremo nel citato:

Ma se si dà una sommaria occhiata al video, salta subito all’occhio che Robinson non si comporta esattamente come tale—e infatti, non è un giornalista.

Il suo vero nome è Stephen Yaxley-Lennon, e nel Regno Unito è conosciuto principalmente per essere un estremista di destra. Come mi ha spiegato Henry Langston di VICE UK, “era un membro del British National Party (BNP), che al suo apice è stato il principale partito neofascista inglese.” Dopodiché, è stato “il fondatore e il leader della English Defence League—un ‘movimento di protesta’ islamofobo che ha attirato persone di destra di tutti i tipi, dai conservatori ai neo-nazisti.” Nel 2013 è uscito dalla EDL, e nel 2015 ha cercato di far nascere la sezione inglese di Pegida, altro movimento islamobofo nato in Germania. Nel suo curriculum figurano diversi arresti per rissa, nonché una condanna per frode ipotecaria (non collegata alla sua attività politica) che l’ha portato in carcere per poco più di sei mesi.

E, a ben vedere, il contenuto del video è l’esatto opposto di quello che sembra

Nella clip, pubblicata il 10 marzo 2018, si vede Robinson girare a piazza Vittorio Emanuele e poi intorno alla stazione. A un certo punto, dei migranti gli vanno incontro e chiedono di non riprendere. Ne nasce un alterco, con Robinson che dice cose come “ti stendo” e infine tira un pugno in faccia a un uomo. La sua riflessione finale è che certe zone d’Italia somigliano al “Medio Oriente e al Sudafrica” e che non c’è da sorprendersi per l’esito delle elezioni.

Se un soggetto che giornalista non è gira per le strade italiane riprendendo persone le quali esprimono contrarietà al loro essere inquadrate in viso e senza liberatoria, e il soggetto risponde sferrando pugni, è evidente come il dolo non sia dei soggetti dall’altra parte dell’obiettivo.

Ricordiamo infatti che anche l’informazione “ufficiale” (figurarsi quindi la controinformazione) è severamente limitata nella facoltà di filmare persone per poi montarci un video, in quanto

Particolare importanze riveste il riferimento che chiude l’articolo 97 della Legge 633: è consentita la diffusione del materiale relativo a “fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”, duttile clausola di chiusura che, ad esempio, esonera dalla richiesta di liberatoria il fotografo di una processione religiosa. Premesso che sulla effettiva esistenza e rilevanza dei “fatti” e degli “avvenimenti” si esprime il giudice di merito, la giurisprudenza capillare si è assestata su un orientamento vagamente “restrittivo” volto ad escludere un abuso della flessibile clausola di chiusura a fini elusivi dei divieti di legge.
Il giornalista, professionista dell’informazione cui il Legislatore garantisce un margine di manovra idoneo alla sua funzione, può pubblicare fotografie che contengano la rappresentazione di soggetti pur in assenza dello specifico consenso nel caso in cui sia pacifico che il ritratto non causa detrimento alla reputazione. Si pensi alla fotografia di una pubblica piazza attraversata dai passanti in un articolo sul flusso turistico di una grande città: è inequivoco che, se la fotografia non lede la reputazione e non cagiona danno anche morale al singolo passante, questi non dovrà rilasciare specifica liberatoria per consentirne la pubblicazione. La ratio della norma è facilmente intuibile: esonerare dall’iter burocratico di produzione e sottoscrizione del documento di autorizzazione al trattamento dei dati. Si tralasciano, nell’economia della presente analisi, i margini riconosciuti al giornalista e sui requisiti di verità (la notizia non deve essere frutto di fantasia), pertinenza (deve avere chiara utilità pubblica) e continenza (deve essere espressa con linguaggio descrittivo e non spettacolarizzante).

Siamo sorpresi dal numero di commentatori che ritengono che la risposta ad un legittimo diniego alla ripresa passi per le vie di fatto.

 

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