BUFALA ALLARMISMO Carne finta made in China – bufale.net

di Shadow Ranger |

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BUFALA ALLARMISMO Carne finta made in China – bufale.net Bufale.net

Ci segnalano i nostri contatti un video proveniente da un account orientale e laconicamente titolato Fake Beef made in China, Carne finta made in China

Rilanciato da molti account Italiani come l’allarmistica prova che la Carne finta made in China potrebbe invadere i nostri italici mercati, evocando scene degne dello Yellow Peril dei romanzi pulp anni ’40 dove i crudeli invasori, anziché sottometterci con oppio e magia misteriosa, trasformano le nostre bistecche sovrane in gomma e plastica.

Tra i commenti troverete un utente colto che, in lingua straniera, apostrofa con parole rudi e brutali gli “stolti” (ma non proprio così) che hanno creduto alla storia della Carne finta made in China.

Partiamo da una considerazione: in questo articolo è una bufala il fatto che quella carne sia per uso alimentare, ed è allarmismo l’interpretazione della stessa che viene data.

Si tratta di un caso di Sampuru, altrimenti detto shokuhin sample di cui abbiamo parlato almeno un altro paio di volte.

Nel nostro passato articolo citammo il sito Kotaku, in un articolo intitolato Il mondo ipnotico del finto cibo giapponese.

In tale sede si rivelava la natura dello shokuhin sample, in quel caso mostrando il procedimento di costruzione di una perfetta insalata di plastica.

Il senso dei sampuru, come descritto da Linkiesta è evidente e  sensato: sarà capitato anche a voi di recarvi, specie in località turistiche, in bar e ristoranti con buffet e vedere la merce esposta dietro paratie di plexigrass, pronta ad essere servita.

Per i Giapponesi un atto da noi considerato banale è ritenuto anti-igienico e assai sconveniente: il cibo, tutto il giorno dietro le paratie, si deteriora. Può essere toccato, manipolato, esposto agli elementi ed all’occasionale starnuto.

Nessun Giapponese sano di mente mangerebbe o offrirebbe del cibo trattato in modo da loro percepito assai rude.

Però, anche in Giappone, esiste il turismo, e per un turista è più facile indicare del cibo che cercare di tradurre al volo.

Soccorre l’industria del sampuru: in questo caso la Carne finta made in China, ma altre volte uova, insalate ed oltre piatto, vengono costruiti industrialmente per avere veri e propri modellini in scala 1:1 del cibo venduto da esporre dietro le fatidiche vetrine.

Le riproduzioni alimentari in gomma e plastica non si consumano, non si deteriorano se non assai lentamente, possono tollerare di essere esposte a sporco e starnuti perché tanto nessuno deve mangiarle ed assolvono al medesimo servizio del cibo in esposizione.

Anzi! Il sampuru può essere venduto come un divertente gadget

L’idea risale al 1917. Takizo Iwasaki, un imprenditore di Gujo Hachiman, paese a tre ore da Tokyo, rimase colpito dalle possibilità creative della cera (secondo la leggenda, dopo aver osservato gocciolare una candela). Pensò subito di investire nel settore della pubblicità e fondare un’azienda per la promozione dei prodotti alimentari. Anziché usare disegni, però, il tocco in più era quello di riprodurli in modo fedele con la cera. Cominciò a creare dei campioni, a inviarli ai ristoranti e ricevere ordinazioni e suggerimenti. In poco tempo la sua impresa crebbe e ancora oggi l’80% delle riproduzioni di cibo che si trovano in Giappone proviene da Gujo Hachiman, ormai un distretto della plastica.

E sebbene le origini del sample food nascano da materiali umili come la cera, oggi la plastica consente di creare sampuru che possono resistere fino a sette anni in vetrina senza sbiadire o sciuparsi.

Se i sampuru più costosi e di qualità provengono dal Giappone, Cina, Vietnam e paesi limitrofi, come spesso accade anche da noi, possono produre dei sampuru meno rifiniti, meno costosi ma altrettanto efficaci per un piccolo negozietto, nonché usare essi stessi i Sampuru, se non in negozio come gadget.

La carne finta made in China è evidentemente destinata al mercato dei sampuru, come avreste saputo se aveste letto i capitoli precedenti della nostra esposizione.

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